“Respirare un testo”: puntata numero 1 dedicata alla realizzazione di un laboratorio di letteratura in classe.
Come approcciarsi, in Italia, allo studio della letteratura sottoforma di un laboratorio in classe? Illuminanti per me sono state le parole del maestro americano del WRW (Writing and Reading Workshop) Frank Serafini (F. Serafini “Lesson in Comprehension, Heinemann 2004, p. 47):
Quando viene chiesto agli insegnanti di correre sempre di più e coprire sempre più “il programma”, si perde la profondità di pensiero necessaria per costruire il significato di molti testi che incontriamo. Io sto suggerendo di rallentare e prestare attenzione alla varietà di elementi, agli strumenti letterari, e ai possibili significati. Potremmo imparare tanto di più da un libro che abbiamo letto una volta sola. La qualità della letteratura non rivela se stessa in un singolo passo.
Il problema del tempo
Il tempo per moltissimi docenti italiani è un problema. Sembra che non sia mai abbastanza e sembra che tutto debba per forza risolversi in una corsa infinita e spesso frustrante a concludere un programma che oramai da anni non esiste in nessuna normativa. Di questo tuttavia molti docenti non sono affatto convinti e rimangono legati agli indici delle antologie e delle letterature che dettano i “programmi” che spariti da una parte, da un’altra rientrano.
Ma, se si vuole lavorare in laboratorio, col tempo occorre fare pace per avvicinarci invece, come suggerisce Frank Serafini, a guadagni di altri tipo che nomina con precisione:strumenti letterari, lettura profonda, significati possibili.
Lavorare in questo modo è evidente che comporti scelte precise come del resto tutto quello che avviene nelle nostre aule: insegnare è sempre scegliere in qualche modo; scegliere modi di lavorare, di impostare relazioni, di valutare e dunque anche scegliere contenuti al posto di altri. Di nessuna intera letteratura saremmo in grado di leggere in classe tutti i brani e gli autori proposti. E quand’anche fosse,
servirebbe?
E secondo la logica del WRW?
Secondo la logica del WRW, no. No perché il vero apprendimento non consiste nell’accumulare contenuti su altri contenuti, ma forse nel fornire strumenti di pensiero per amare, rielaborare, criticare quei contenuti. Cito Bruno Munari in una intervista del 1993:
Il laboratorio è il luogo dove il tempo va piano e si supera la paura del non saper fare facendo.
Questo è quello che avviene anche di fronte ad un’opera letteraria: si fa. Non solo si ascolta e si ripete. Non solo si studia ( spesso a memoria )ciò che altri ne hanno detto. Si fa, nel senso che si entra con tutti i piedi dentro il testo e si comincia a navigarci dentro.
“Leggere Lolita a Teheran”
C’è un brano del romanzo “Leggere Lolita a Teheran” di Azar Nafisi (A. Nafisi “Leggere Lolita a Teheran”Adelphi Milano 2004) che dice bene quanto sia importante immergersi in un testo e respirarlo per conoscerlo:
Un romanzo non è un’allegoria, dissi verso la fine della lezione. È l’esperienza sensoriale di un altro mondo. Se non entrate in quel mondo, se non trattenete il respiro insieme ai personaggi, se non vi lasciate coinvolgere nel loro destino, non arriverete mai a identificarvi con loro, non arriverete mai al cuore del libro. È così che si legge un romanzo: come se fosse qualcosa da inalare, da tenere nei polmoni. Dunque, cominciate a respirare. Ricordate solo questo.
Le “lenti differenti”
Facendo laboratorio di letteratura cerchiamo prima di rendere l’esperienza della letteratura vicina, possibile, respirabile dagli studenti. Cerchiamo di far loro esperire i testi ( e di seguito i contesti) senza però ingozzarli di nozioni ma fornendo loro strumenti di indagine e lavoro.
Frank Serafini chiama questi strumenti, con una metafora che è meravigliosa, “lenti differenti” cioè occhiali da indossare per leggere un mondo che ai ragazzi spesso appare distante e a volte vecchio e ammuffito, incomprensibile, utile solo a ottenere il fatidico voto e non ad una conoscenza sincera e motivata.
Scrivono Simone Giusti e Natascia Tonelli nel QdR 12 di Loescher:
La fruizione e il continuo riuso delle opere letterarie sono proficui innanzitutto per la crescita e per una profonda trasformazione delle persone che frequentano la letteratura, aumentando la loro possibilità di fare esperienze significative e, anche, di dare un senso alla loro esperienza.
Dunque se questo è vero, se possiamo a scuola aumentare con la letteratura la possibilità di dare senso ad esperienze vere di apprendimento, dobbiamo munirci di strumenti in parte diversi da quelli usati fino ad ora, le lenti diverse appunto di cui parla Serafini, precisando per altro subito dopo che dette lenti non devono distruggere “la gioia di leggere”.
Quali sono questi strumenti?
Nel tempo e con fatica, sempre sperimentando e poi provando, ne ho messo a punto qualcuno. Non tutti quelli che avevo costruito sono stati poi messi a regime. Alcuni sono stati abbandonati, altri in anni rimessi a posto e riordinati. Ne fornisco solo un primo elenco breve:
- la mini lezione inchiesta, come teorizzata dalla maestra del WRW Lucy Calkins (L. Calkins, The Art of Teaching Writing, Ontario, Irwin 1994). Essa parte sempre da una grande domanda aperta a cui inizialmente si cerca sempre di dare risposta, partendo dal far emergere il pregresso, ciò che i ragazzi sanno già. Ad esempio “Chi è Alessandro Manzoni?”
- La mappa indagine su un autore, con la riproduzione (importantissima) anche del suo volto, che i ragazzi e le ragazze (a volte in gruppo) devono riempire, trovando in rete i contenuti mappati dentro una scheda. Di solito nel mio caso aggiungo anche tre link per indirizzare inizialmente la ricerca (nel tempo poi si possono eliminare), scelti con difficoltà diverse e crescenti per proporre agli allievi una responsabilizzazione sul loro lavoro di ricerca.
- Il Reading Response (RR) su cui mi soffermo qui sotto essendo per me uno strumento molto utile, almeno nelle mie classi.
Il Reading Response
Il RR va costruito secondo le caratteristiche dei lettori e dovrebbe avere un chiaro schema organizzativo che renda facile la comprensione. È una sorta di breve saggio guidato in cui ognuno è chiamato a scrivere davvero ciò che pensa dopo l’immersione in un testo, non dopo aver studiato le pagine di un manuale che spiegano cosa di quel testo si dovrebbe pensare o ha pensato qualcun altro.
Il RR a volte davvero produce miracoli perché parte dalla prospettiva inversa della normale lezione di letteratura in classe: non sono io docente a dirti cosa devi pensare e studiare (la famosa frase “oggi spiego…”), ma sei tu studente che nella comunità di lettori in classe con la guida del docente tutor proverai a “impegnarti” con il testo stesso.
Nei testi di studio americani si usa spesso il termine “engagement” che si riferisce anche al “fidanzamento” tra due persone e questo a me è sempre apparso un termine bellissimo e adatto anche alla letteratura.
“Interpretazione inventiva”
Come sostiene Y. Citton (Y. Citton, Future umanità. Quale avvenire per gli studi umanistici?, :duepunti edizioni, Palermo, 2010) l’incontro con un testo letterario abbisogna di una “interpretazione inventiva” che non si limita a ripetere ma aggiunga un proprio sapere al sapere del testo.
Leggere, comprendere e interpretare un’opera letteraria sono tre azioni fondanti del laboratorio, stimolano nello studente una connessione potente con la propria vita, offrono parole nuove a chi non ne ha ancora a sufficienza, aprono prospettive inedite di rapporto tra passato e presente.
Questi sono solo alcuni degli strumenti sperimentati in anni di lavoro. Non è facile e nemmeno scontato. Fare i conti con il tempo è obbligatorio e quindi anche con il numero di autori da leggere e da proporre in classe. Tuttavia ha dato nel tempo i suoi frutti. In articolo seguenti parleremo di come ho organizzato nel tempo questa scelta ( dopo tante indecisioni) e di altri strumenti di lavoro e anche di valutazione.
Trovi qui altre esperienze di laboratorio in classe.
Foto copertina di Aung Soe Min su Unsplash