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Riunioni e consigli, tra burocrazia e confronti necessari

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Nel quinto punto del decalogo di Galli della Loggia gli studenti vengono messi un attimo da parte ( in molti sensi) e nella sequela delle norme da introdurre, l’attenzione è tutta sugli insegnanti. Ah, queste riunioni…

riunioniNel quinto punto del decalogo di Galli della Loggia gli studenti vengono messi un attimo da parte ( in molti sensi) e nella sequela delle norme da introdurre, l’attenzione è tutta sugli insegnanti, fuori dall’ora di lezione. Ecco qui: Divieto di convocare gli insegnanti ad assemblee, riunioni, commissioni e consigli di qualunque tipo per più di tre o al massimo quattro volte al mese. La scuola non deve essere un riunionificio.

La mia collega si chiama Agnese. È arrivata un anno fa a percorso iniziato, quando i bambini hanno iniziato la seconda. Con Agnese ci capiamo al volo, è una persona mite, generosa e sagace, doti che ci permettono di saltare un sacco di passaggi, di spiegazioni, riunioni interminabili e discussioni più o meno accademiche. In classe quando io arrivo lei termina e viceversa, la scuola di oggi non conosce più le compresenze, il tempo della presenza di due insegnanti in classe. Ho più occasione di confrontarmi con chi, in altre classi ha un orario “parallelo” al mio e nella pausa mensa o in quella di metà mattina è in servizio insieme a me.

Senza neanche andare troppo sul pedagogico: l’ipotesi di crescere dei bambini insieme a qualcuno con cui non ci si confronta mai o quasi mi sembra prima di tutto un’idea priva di qualsiasi buon senso.

Con Agnese stiamo crescendo dei bambini, per le sette ore e mezza che passano a scuola ogni giorno, più di riunioniquante ne passino in famiglia, come spesso si ripete. Non facciamo mai io e lei un pranzo insieme con loro, un lavoro, un intervallo. Leggo queste due righe della lettera al Ministro e penso che l’ipotesi di crescere dei bambini insieme a qualcuno con cui non ci si confronta mai o quasi mi sembra prima di tutto un’idea priva di qualsiasi buon senso, senza voler andare troppo sul pedagogico.

Io, vorrei dirlo, non vengo “convocata” a riunioni od assemblee, ma esse fanno parte in modo essenziale del mio lavoro, a meno che non lo vogliamo intendere come una prestazione meccanica e compilativa, ossia tremendamente noiosa e priva di passione ed umanità. I bambini vengono messi da parte, dicevo nell’incipit, poche righe sopra; è così, e non solo perché qui vengono risparmiati dalla sfilza di ordini e divieti ma soprattutto perché l’insegnante autoreferenziale, che fa da sé, il bambino o il ragazzo non lo vede, o lo vede poco, di sbieco.

io ho bisogno di parlare di Marco, di Zhang…

Con Agnese io ho bisogno di parlare di Marco che non riesce a controllare la sua rabbia ogni volta che un piccolo malumore lo prende, stiamo provando a trovare la strategia giusta per aiutarlo, mettiamo insieme i pezzi delle sue giornate con noi ed i suoi compagni, osserviamo i suoi piccoli miglioramenti e capiamo in che direzione continuare. Ho bisogno di parlare di Zhang che è atterrato in Italia da Pechino in un giorno di estate, già grande dei suoi otto anni, con i suoi genitori adottivi; sta imparando l’italiano e a volte se ne va via chissà dove con gli occhi e con il cuore. Vogliamo che la nostra classe lo accolga e lo accompagni in un’avventura la cui complessità cognitiva ed emotiva possiamo solo intuire ma che ha bisogno di una rete intorno, che sappia coordinarsi a accompagnarlo con cura ed attenzione. Ho bisogno di parlare con Agnese di Giulia e Riccardo che da due anni faticano in ciò che proponiamo loro ma forse non hanno un profilo che richieda diagnosi o supporti particolari.

ogni bambino ha diritto ad avere un sistema di adulti che solo confrontandosi può vedere bene quali sono le risorse e le difficoltà, quali le strategie, i meccanismi, i percorsi che ci permettano di essere giusti

Nei primi anni di primaria si colgono i segnali di ciò che può suggerire se procedere o meno ad una valutazione più approfondita, mettere insieme i pezzi di questi profili così sfumati è compito già difficile con uno sguardo plurale, farlo da soli vuol dire quasi sicuramente sbagliare, malinterpretare, sotto o sopra valutare. Per fortuna c’è Agnese. E non solo per Marco, Zhang, Riccardo e Giulia, ma per ciascuno dei nostri bambini, per i loro genitori, e per me. Perché ogni bambino ha diritto ad avere un sistema di adulti che solo confrontandosi può vedere bene quali sono le risorse e le difficoltà, quali le strategie, i meccanismi, i percorsi che ci permettano di essere giusti, di non cadere mai nella tentazione di “fare parti uguali tra diseguali”, per dirla con il Priore di Barbiana.

E non è sempre facile costruire e far funzionare quel sistema. Non c’è sempre stata un’ Agnese con me. Ho avuto colleghe e colleghi che guardavano i bambini ed il mondo con occhi molto diversi dai miei, con altri paradigmi, compagni e compagne di strada con cui è stato faticoso costruire sintonia e collaborazione, proprio con loro quelle riunioni erano più necessarie, che non vuol dire piacevoli.

E i consigli di classe ed interclasse, i collegi docenti, le riunioni di commissioni varie? Mentirei se dicessi che non esistono a scuola riunioni superflue, convocate come adempimento dovuto, assolvimento di procedure poco più che burocratiche, ma di buoni momenti di incontro e autoformazione avremmo bisogno di più, non di meno.

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Questo chiederei al Ministro: di creare maggiori occasioni per dirci di noi e dei bambini, magari con qualche registro di meno da compilare, seppur elettronico. La pluralità è il luogo del pensiero in cui è possibile per una comunità anche di professionisti operare come tale, costruendo saperi e visioni condivise, lasciando spazio a domande reciproche che vadano ad interpretare e riorientare le scelte didattiche ed educative, impedendo agli insegnanti di scivolare nel profilo dei timbracartellini, come forse non comprende chi pensa che la collegialità sia un puro esercizio inutile, da riunionificio.

Tutti gli articoli pubblicati di Sonia Coluccelli sui dieci punti della lettera di Galli della Loggia:
1 – a partir dalla pedana per parlar di democrazia
2 –
tutti in piedi l’illusoria idea di obbligare al rispetto
3 –
autogestioni: pretesti per non studiare o momenti formativi?
4 –
fuori le famiglie dalla scuola? L’equivoco del genitore cliente
5 –
riunioni e consigli, tra burocrazia e confronti necessari
6-
Il mito delle scuole giapponesi, tra pulizie e responsabilità
7-
Una scuola senza smarthone, falso vituosismo
8-
Letture di ordinanza o diritti del lettore (e del docente)?
9-
E se non parlassimo di gita, ma di viaggio?
10-
Il nome della scuola: semplice lustro o scelta consapevole?

Laureata in Filosofia, insegnante di scuola primaria a indirizzo montessoriano, formatrice presso Fondazione Montessori Italia, coordinatrice Rete scuole Montessori alto Piemonte. Si occupa di ricerca educativa e valorizzazione dei percorsi di didattica non tradizionale.

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