Sarebbe bello e utile se il nome della scuola fosse coerente con l’orientamento pedagogico e didattico della stessa. La riflessione di Sonia Coluccelli
L’ultimo punto del decalogo dei punti qualificanti un cambiamento per la scuola italiana indicato da Galli della Loggia ci porta ad un tema che non definirei centrale ma che può darci interessanti spunti di riflessione: Istituti e «plessi scolastici» devono essere intitolati al nome di una personalità illustre e devono essere designati in tutte le circostanze e in tutti i documenti con tale nome, non già (come avviene oggi più di una volta) con un semplice numero o l’indicazione di una via. In fin dei conti anche ai più giovani forse non dispiace avere un passato.
In nome omen, recitano gli antichi (a proposito di connessione con il passato). Scegliamo i nomi dei nostri figli spesso perché ci auguriamo che il loro significato sia loro di buon auspicio o per il profilo di personalità che secondo alcuni è determinato proprio dal nome.
perché quel nome?
Che nome vorrei, dunque, per la mia scuola? Riesco a pensarlo senza associare ad un nome una storia o una visione del mondo? Una scuola ha senso che sia intitolata a chiunque purchè illustre o il novero dei candidati deve stare tra chi in un modo o nell’altro si sia occupato di infanzia? E tra questi ultimi la scelta da cosa deve dipendere: questioni geografiche, letterarie, scientifiche, storiche o pedagogiche? Insomma: perché quel nome?
Poco tempo fa una mamma che desiderava una scuola ad indirizzo montessoriano per il figlio mi ha cercato perché il plesso vicino a casa portava proprio il nome della nota pedagogista e lei pensava di essere fortunosamente riuscita nel suo intento, poi però provando a chiedere a chi conosceva meglio la realtà di quella scuola era rimasta perplessa: in quelle aule di primaria il lavoro avveniva tutto con spiegazioni frontali ad alunni seduti in fila nei banchi, usando schede su schede fotocopiate, seguendo pagina per pagina il libro di testo, con verifiche, compiti e voti, castighi e note sul diario. Non entro nel merito della visione educativa e didattica di quelle insegnanti ma posso senza timore di smentita affermare che il nome della pedagogista marchigiana sulla carta intestata di quella scuola o sulla sua targa di ingresso svelavano uno stridore fastidioso tra forma (il nome) e sostanza (le pratiche).
Non credo abbia senso una scuola intitolata a Rodari che sanzioni errori e atti di fantasia, che richieda testi compilativi e standardizzati, un’altra che porti il nome di don Milani magari mettendo il tetto di alunni stranieri per classe o parcellizzando il sapere tra l’ora di italiano e quella di matematica, geografia, storia, che aspiri a valutare tutti in modo uniforme senza tener conto della storia di ciascuno ed alla giustizia che essa reclama; senza pensare a plessi che portano il nome di Falcone e Borsellino o di Rita Levi Montalcini che contraddicano nelle scelte quotidiane i valori, l’esempio e la testimonianza di questi nostri contemporanei.
Come mi piacerebbe che i collegi docenti deliberassero in quelle lunghe riunioni che nome darsi, e con quella scelta si interrogassero su quali mentori scegliere per il loro lavoro quotidiano, che orientamento pedagogico e didattico adottare! E ad esso dare un nome che può sì essere quello di un autorevole maestro od educatore ma anche di qualcuno che ha scelto chiaramente come stare nel mondo, cosa fare della propria vita.
un nome con cui misurare la propria coerenza
Può chiedere questo agli insegnanti ed ai dirigenti scolastici, signor Ministro? Può chiedere loro di darsi un nome a cui cercare di essere fedeli, con cui misurare la propria coerenza, che renda riconoscibile il presente e il futuro di chi trascorrerà tanti anni e ore della propria vita in quell’aula, bambini ed insegnanti? Perché il passato è risorsa preziosa se dà forma al presente ed al futuro, non solo come effige e pedante tributo.
E qui si conclude questo dispiegarsi di riflessioni in risposta ad una lettera scritta da pagine autorevoli in una tarda primavera e che terminiamo di commentare in pieno autunno. Passo a passo abbiamo messo in queste pagine virtuali i tasselli del cambiamento che vorremmo nella scuola rispetto ai temi sollevati da Galli della Loggia, un cambiamento che segue logiche molto diverse da quelle dell’editorialista. Chissà che il Ministro non abbia voglia di dare un’occhiata anche alle nostre.
1 – a partir dalla pedana per parlar di democrazia
2 – tutti in piedi l’illusoria idea di obbligare al rispetto
3 – autogestioni: pretesti per non studiare o momenti formativi?
4 – fuori le famiglie dalla scuola? L’equivoco del genitore cliente
5 – riunioni e consigli, tra burocrazia e confronti necessari
6- Il mito delle scuole giapponesi, tra pulizie e responsabilità
7- Una scuola senza smarthone, falso vituosismo
8- Letture di ordinanza o diritti del lettore (e del docente)?
9- E se non parlassimo di gita, ma di viaggio?
10- Il nome della scuola: semplice lustro o scelta consapevole?