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Tutta un’altra storia, si può o non si può?

in Affettività e Psicologia by
Si può o non si può? La bella storia di Renato Palma che ci fa riflettere sulla paura del cambiamento e cosa ci ha sempre differenziato dagli altri animali in questa storia tipicamente umana

Alcuni milioni di anni fa, la specie umana faceva la sua comparsa su questo nostro pianeta, che, prima che glielo dicessimo noi, credeva di essere il pianeta di tutti. Noi, forse ve lo avrà già raccontato qualcuno, ci distinguevamo dagli altri animali per molti aspetti, ma soprattutto per il nostro caratterino. Avevamo una gran voglia di comandare. Ma ci piaceva anche fare le cose insieme: andare a caccia, dividersi il cibo, stare in comitiva. Giocare.

Si può capire, da soli contavamo veramente poco. Eravamo o più piccoli degli altri, o meno veloci, o meno forti, ma…eravamo più intelligenti.

Non fatevi illusioni: non tutti erano così intelligenti. Anche tra i nostri antenati c’erano delle divisioni: la più evidente era quella tra coloro che avevano come bandiera il “non si può”, e quelli che non stavano mai fermi. Qualunque idea gli venisse in mente per migliorare la vita, che ne so, usare il fuoco, erano subito pronti a dire “si può”.

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Nei libri di storia si parla di uomini primitivi, di assiri e babilonesi, di greci e romani, senza dimenticare fenici e egiziani, di un mondo insomma che passava gran parte del tempo a farsi guerra. Non troverete però un rigo che vi racconti della più grande lotta dell’umanità: quella che i sostenitori del “non si può” hanno combattuto, fin dall’inizio, con coloro che pensavano “si può, si può”.

Questa storia possiamo provare a raccontarla insieme.

Comincia quando un uomo, o più probabilmente una donna, stanca di arrampicarsi sugli alberi e, soprattutto, di prendere freddo, propose ai suoi compagni di trovarsi una sistemazione più comoda e sicura. “Io proverei a vivere nelle caverne” disse. “Le caverne hanno una specie di porta che ci permette di passare le notti al sicuro, e immaginate quanta energia in più ci darà dormire una notte intera.”

Sapete già cosa successe. Coloro che amavano dire non si può cominciarono a fare un sacco di obiezioni. Dissero con ironia “magari vuoi anche farci il fuoco per cucinare” e poi aggiunsero che era tutta la vita che vivevano sugli alberi e si erano trovati sempre bene. E finirono dicendo che non vedevano motivo di cambiare abitudini.

E questo è il punto: gli abitanti del pianeta “non si può” hanno paura di cambiare. E, come certamente saprete, è tipico di tutti gli animali. Vogliamo dire che coloro che dicevano “si può” erano meno animali degli altri?

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Possiamo dirlo.

Pensate per esempio quando qualcuno, più probabilmente qualcuna, si mise a pensare alla bellezza. Cominciò a colorare i tessuti, a fare degli ornamenti. Addirittura si inventò il pettine e, mi costa dirlo, anche lo spazzolino da denti. E tutti gli altri a dire: “ci siamo sempre coperti solo di pellicce e i denti non ce li siamo mai lavati. Cos’è questa smania della bellezza?” E potremmo andare avanti con molti esempi. Ne farò ancora qualcuno, ma vorrei che cominciaste a pensarne qualcuno anche voi.

Dunque, saltando molti secoli, quando Cristoforo Colombo andò a parlare con vari re e regine del suo progetto di partire per andare in India con le sue caravelle, molti gli risposero: “non si può”. Lui, testardo, disse: “Ma sì che si può” e scopri l’America. E quando qualche anno dopo qualcuno cominciò a pensare che gli uomini potessero volare, secondo voi cosa si sentì rispondere?

Bene, se avete dato la risposta che mi immagino, avete imparato di quale storia vogliamo parlare. Ora trovate anche voi degli esempi e vedrete che se stiamo sempre meglio lo dobbiamo proprio alla fantasiosa tribù del “si può”.

A questo punto siete pronti a giocare al gioco del si può.

Medico e psicoterapeuta, partendo dalla ricerca di un modello non conflittuale e non autoritario nella relazione affettiva, considera fondamentale un cambiamento del rapporto tra adulti e giovani, riflette sulle dinamiche di potere all’interno del momento educativo e sul loro travaso nella terapia.

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