Dalle piattaforme didattiche ai banchi a rotelle

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Riflessioni di un insegnante, tra la fine di un incredibile anno scolastico e un futuro ancora tutto da scoprire, tra le piattaforme didattiche digitali e i nuovi banchi

Come tutti gli insegnanti, sono in mezzo al guado: finito un anno scolastico terribile, attendo con una certa ansia che cominci il prossimo. Non sapendo come potrò lavorare, pensando alle piattaforme didattiche e ai banchi che troveremo in classe, mi limito a mettere in fila qualche breve pensiero saltando di palo in frasca.

DISCIPLINA, SPAZIO E TEMPO

Una delle prime cose che ho notato in dad è stato che ho smesso di fare il controllore della classe: niente esortazioni a fare silenzio, niente note, quasi niente rimproveri. Il lato negativo di questa mancanza è stato evidentemente che gli studenti, a distanza, potevano inabissarsi senza lasciare tracce, ma è anche vero che gli studenti in dad non soffrivano della ristrettezza delle nostre aule. Ognuno aveva il suo spazio, almeno in termini di privacy (altro è capire se avessero spazi adeguati allo studio, e non è un problema banale), quindi non si pestavano i piedi a vicenda. Se ciò è da un lato la morte drammatica e definitiva della socialità, dall’altro potremmo forse notare che la “normale” socialità delle nostre scuole, piuttosto monca, i conflitti li favoriva più che smorzarli.

Come sviluppare un’armonica vita di comunità in ambienti in cui l’unico luogo di relax è la toilette? Se la dad ha di fatto eliminato ogni possibile area di “contenzioso”, in presenza possiamo organizzarci per gestire meglio i bisogni degli studenti, la cui frustrazione, nell’asfittica scuola “normale”, porta inevitabilmente a comportamenti sbagliati o inaccettabili (rabbia, maleducazione, ecc.).

In questo senso, la dad ha anche sfatato un altro mito intoccabile che invece incide pesantemente sulla qualità del tempo scolastico: quello del lavoro diuturno e senza pause. Nella dad si è considerato naturale fare quel che in presenza pareva impensabile: 10 minuti di pausa ogni 50. Possiamo portare un modulo del genere anche in presenza? Non è possibile credere che il cervello degli studenti – e dei docenti – possa dare il meglio di sé alternando lezioni con un intervallo di pochi minuti e con scampoli di riposo tra l’uscita di un professore e l’arrivo dell’altro.

Una routine più consona ai bisogni tanto dei docenti quanto degli studenti significa contribuire a ridurre, in un colpo solo, tanto l’oppositività studentesca quanto la possibilità di nascondersi dietro a scuse. Una scuola avara di spazio, di tempo e di disponibilità può solo fare la faccia feroce, mentre una scuola che offre molto, può anche legittimamente chiedere molto ai suoi studenti.  Ed è meglio disinnescare un problema alla radice, piuttosto che contenerlo dopo.

LE PIATTAFORME DIDATTICHE

Al di là di tempo e socialità, se c’è una cosa che vorrei portare dalla distanza alla presenza, sono le piattaforme didattiche digitali. Non mi interessa elogiarne una in particolare poiché il punto vero è che qualsiasi piattaforma minimamente decente ha il potere di rendere trasparente il nostro lavoro: si possono consultare facilmente i materiali (e se ne possono caricare di tutti i tipi), la correzione è più trasparente e puntuale (con un feedback molto più ricco), le prove dei ragazzi ordinatamente catalogate e consultabili. Il tutto è poi disponibile per analisi successive, scambi didattici, diffusione di buone pratiche: un insieme che permette di superare in blocco e di slancio l’enorme mole di scartoffie anodine e oscure che compiliamo ora. Una buona piattaforma didattica è insieme registro di classe e personale dell’insegnante, diario dello studente, comunicazione alla famiglia, programmazione e rendicontazione didattica. Alla piattaforma digitale quindi non rinuncerò più, punto e basta.

LA PROGETTAZIONE DIDATTICA

Con tutti i limiti posti dalla dad, i docenti italiani hanno dovuto fare di necessità virtù e inventare. Ad esempio, se le nozioni tipiche delle varie discipline erano fin troppo facili da trovare online, ci si è ingegnati a elaborare compiti in cui quelle nozioni venivano calate in contesti specifici della classe, rendendo impossibile trovare le risposte su internet. Mi spiego: se l’analisi di una poesia di Saba è facilmente rintracciabile su internet, un confronto tra una poesia di Saba e un’altra poesia letta in classe è impossibile da trovare, dato che “internet” non sa quali sono le poesie fatte in classe. A quel punto, si possono usare anche Wikipedia o altri siti, ma per fare un buon lavoro uno studente ci deve mettere del proprio. Ovviamente questo non esaurisce il problema della verifica degli apprendimenti, ma intanto sono stati elaborati degli strumenti che si possono senz’altro portare nella didattica in presenza, che a sua volta permette di ritornare a valutazioni più tradizionali.

IL LABORATORIO DEL DOCENTE E LA GADGETTISTICA PEDAGOGICA

C’è un aspetto in cui la dad vince su tutta la linea: il laboratorio del docente. Nelle mie lezioni in dad ero a casa mia e avevo tutti i miei materiali sottomano: la mia biblioteca, i miei dvd, i miei appunti, tutto. Nella didattica in presenza “normale”, invece, la mia didattica è limitata da quel che posso portare di classe in classe, e che devo raccattare alla svelta alla fine dell’ora. A scuola, a differenza di casa mia, non ho intorno un ambiente costruito da me ed è l’ambiente a dettarmi la didattica, non il contrario. Eppure non è un destino: nelle scuole anglosassoni il docente ha la sua aula e sono i ragazzi a girare. Sarebbe una cosa da copiare, anche perché insieme allo spazio da organizzare, le scuole anglosassoni spesso assegnano ai docenti anche un budget da spendere per materiali didattici: che si tratti di mappe, tavole o strumenti elettronici, la scuola compra ciò che il docente ritiene funzionale al progetto didattico che sviluppa (e di cui è responsabile). In questo modo la scuola non si riempie di gadget inutili, rovesciati sulla scuola in base alla moda pedagogica del momento (con il poco gradevole corollario di far passare per conservatori i docenti che di quei materiali non avevano affatto bisogno), ma i docenti vengono chiamati ad essere attivi e responsabili. Lo schema attuale del rapporto tra l’amministrazione e i docenti è molto lontano da questo modello: l’impressione è di un’amministrazione che spinge per l’innovazione, ma in maniera confusa, e un corpo docenti che fa resistenza, spesso giustamente, ma non raramente per pura diffidenza.

Tra scuola e amministrazione andrebbe invertito il rapporto, rendendo la prima più autonoma e la seconda più snella. Questo va ben oltre le riflessioni sparse – e sintetiche – che avevo promesso all’inizio, quindi concludo qui.

Approfondimento

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Docente di italiano e storia al liceo E. Montale di Pontedera, ha fatto parte del gruppo di docenti che cura il blog "Condorcet. Ripensare la scuola". Scrive di scuola ed è animatore del laboratorio di metodo di studio "Tieni banco!", a Pontedera

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