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Tra prove Invalsi e sguardo indagatore del docente

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Il maestro Ivan quest’anno si trova in una “classe campione” durante le prove Invalsi. Quindi ci sarà l’osservatore esterno al suo fianco. Ecco le sue riflessioni.

Non fatemi parlar male dell’Invalsi. Io non voglio parlar male dell’Invalsi. Parlar male dell’Invalsi è più o meno come sparare sulla Croce Rossa. Quando c’è uno che si mette a parlar male dell’Invalsi, io – ma non so perché mi viene così – provo a metterci una pezza.

“Ma no, dai…”, gli dico. “Sì, d’accordo, alcune domande se le potevano anche evitare. Sì, ho capito, una sola prova a fine anno non rileva praticamente niente. E poi, certo, le prove Invalsi non hanno nulla a che fare con la valutazione delle competenze… Ma…”

E sul “ma” butto giù una serie di cose, diciamo dei ragionamenti, in base all’ispirazione del momento. Qualche volta riesco pure a portare quelli con cui parlo su posizioni che non condivido. Tu pensa. Quest’anno, però, la cosa mi si è complicata un bel po’: questa volta ho il controllore in classe.

Funziona così.

Tutti gli anni, tutte le scuole di tutta l’Italia ricevono un pacchetto di prove segretissime all’ora X. In un tempo stabilito e nei modi stabiliti, tutti i bambini e i ragazzi delle classi giuste si concentrano e provano a dribblare i suggerimenti dei docenti per far da soli. Alcune scuole, le più sensibili, danno una mano ai volenterosi bambini e ragazzi organizzando grandi turnazioni di docenti. Sospiro di sollievo degli studenti che possono, finalmente, contare su un perfetto estraneo che non rompe le scatole per svolgere un meraviglioso test di fine anno.

Ma non basta.

Quelli dell’Invalsi, che sono scientifici, selezionano un manipolo di insegnanti da inviare nelle classi campione. Insomma, in una scuola-tipo, tutti i docenti del primo piano vanno al piano terra, quelli del piano terra al primo piano, poi arriva il controllore esterno e controlla la classe campione. Più o meno la scena di Benigni che traduce le istruzioni del soldato tedesco in La vita è bella.

Ora, la fregatura è che quest’anno l’osservatore speciale dell’Invalsi è capitato a me. Saremo io e lui (o lei, certo), fianco a fianco. Non mi capita da venticinque anni almeno, di avere uno che controlla quello che faccio: sarà un’occasione bellissima, tornerò giovane, riscoprirò emozioni che pensavo sopite. Impareggiabile emozione, lo sguardo indagatore dell’insegnante durante il compito in classe di matematica.

Ma a me hanno insegnato a essere generoso: se c’è una bella occasione, bisogna saperla condividere, ché l’egoismo è una gran brutta cosa. Allora, mi devo ricordare, appena vedo l’osservatore dell’Invalsi, a salutarlo (perché anche la maleducazione è una gran brutta cosa) e poi a chiedergli: “Sì, vabbè, ma chi controlla il controllore?”

Così anche lui (o lei, certo), avrà l’occasione di riscoprire l’impareggiabile emozione dello sguardo indagatore del docente. Lo sguardo che ci riporta a quando eravamo ragazzi.

Immagine di copertina di Rasa Jančiauskaitė

 

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Maestro di scuola primaria e autore di narrativa. Ha pubblicato libri di testo, giochi da tavolo e software didattici. Vive tra Roma e Parigi (a Modena, per essere più precisi)

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