Se Invalsi non dialoga con la scuola che competenze valuta?

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I test Invalsi mettono in luce il cortocircuito didattico di un mondo docente in confusione tra il “saper fare” e il “sapere”

Vanessa Roghi in un recente articolo (Il Manifesto, 20 luglio) ha messo in luce quanto la cosiddetta fotografia dei test dell’Invalsi che mette sotto analisi la scuola italiana del 2019 sia in realtà appunto una fotografia e come tale non affatto asettica, ma assumente sempre un punto di vista, un’ottica particolare. La fotografia non è mai oggettiva. Nemmeno è il caso di dirlo. La fotografia usa parametri impostati in precedenza: anche Invalsi lo fa. I dati che ne escono quindi sono i dati raccolti in quella prospettiva. Cioè dati che danno un risultato di un certo tipo: ragazzi che non leggono e non comprendono. Meglio al Nord, ma insomma male un po’ ovunque (perfino a Bolzano).

Io non sono fanatica dei test anzi non mi piacciono per nulla. Ma lo Stato che è il mio datore di lavoro mi chiede di farli e io li faccio fare. Tuttavia non preparo gli studenti. Non li addestro. Lo stesso Invalsi raccomanda di non farlo. Molti istituti hanno questa ansia di miglioramento del rendimento e molti DS anche. Io no e nemmeno il mio Istituto.C’è peró una considerazione da fare.

Invalsi dice da anni di valutare competenze. Cioè in pratica cosa sanno fare con le conoscenze acquisite i ragazzi. Non cosa sanno. Invece, per quello che io vedo nella mia piccola prospettiva, nella stragrande maggioranza dei casi, si lavora e si insegnano contenuti e conoscenze. E qui dunque occorre fare una scelta: o si leggono bene le Indicazioni per il curricolo e le Linee guida degli istituti Superiori, si aggiornano i docenti su cosa sia lavorare per competenze, o, come pare, se nessuno lo vuole fare e si crede non sia utile (così dicono i colleghi) si lasci tutto com’è e non si propinino più i test.

Nella mia seconda superiore i ragazzi li hanno affrontati prima di tutto con serenità e serietà, il che non è scontato. Si sono messi davanti ai pc (lascio perdere tutte le difficoltà organizzative) e poi hanno fatto il loro. Non hanno avuto grosse difficoltà nella comprensione: eppure quasi il 60 per cento dei miei alunni non è italiano. Sarà perché da due anni leggiamo tanto ad alta voce? Perché negoziamo significati, ci fermiamo sui vocaboli, ragioniamo di idee? Non so. Io so che lavorando così i ragazzi traggono piacere dal leggere. Più leggono più imparano strategie di comprensione. Perché diciamolo ma come si insegna la comprensione di un testo? Questa è la domanda delle domande. Non certo con gli esercizi delle antologie, di questo sono sicura. Dove la comprensione è predefinita quindi fasulla. È già data per scontata la risposta giusta! Quindi non eserciti capacità di comprensione personale, caso mai ti destreggi nell’indovinare quella presunta da altri.

La comprensione di un testo si impara comprendendo. Cioè mettendo in atto strategie precise che io cerco di insegnare o meglio di far “vedere” perché loro le applichino poi da soli. Prevedere , visualizzare , fare domande al testo, fare inferenze, ripetere, riassumere, monitorare la propria comprensione sono alcuni dei passi che facciamo insieme. Questo non puoi impararlo né leggendo brani da solo su una antologia e facendo relativi esercizi, né ascoltando la spiegazione di un docente, anche bravissimo, né ripetendo i contenuti per una interrogazione. Ma questa è la scuola italiana ancora oggi. La maggioranza dei docenti lavora così ed è convinta che sia corretto e giusto. Io non discuto, Forse lo sarà. Allora però, se ciò è vero, (e magari lo è, puó darsi) sarebbe meglio non fare più i test Invalsi. Perché questi “fotografano “ altro. Non dico di meglio o di peggio. Altro. Sarebbe meglio dirci a chiare lettere che Invalsi deve cambiare rotta, oppure iniziare da zero una applicazione realistica di un insegnamento per competenze.

Sono stata invitata a parlare a Roma al convegno Invalsi in ottobre. Ho percepito interesse per una didattica diversa e nuova. Invalsi sa bene che deve farsi una mossa. Mi hanno pure fatto più di una intervista telefonica. Non so se mai sarà resa nota. In ogni caso la loro visione a me è apparsa chiara. Stanno cercando di modulare i test (e si vede negli ultimi anni) sulle competenze vere. Il problema che Invalsi è Invalsi. Un’agenzia esterna al ministero. Sembra infatti che non si parlino. Forse dovrebbero iniziare a farlo. Ma una proposta similare comporterebbe la rifondazione di tutta una didattica convalidata da anni di “abbiamo sempre fatto così”. Il che in effetti mi sembra davvero durissimo.

Credits immagine: https://photogrist.com/dreamlike-louis-kellner/

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Docente di lettere a Savona e formatrice. Con Linee di WRW si occupa di didattica dell’italiano cioè di come si possa insegnare a leggere e scrivere. Il Writing and Reading Workshop le ha fornito idee, strumenti, pensiero. Studia e continua a sperimentare. Collabora con l’associazione culturale T21 nel campo del teatro sociale.

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