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La teatralizzazione a scuola come supporto alle lezioni

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La teatralizzazione a scuola può venire in soccorso degli insegnanti, permettendo agli studenti di appassionarsi alle lezioni e superare il “muro” con le materie.

Chi ogni mattina affronta il lavoro in classe si trova di fronte un ostacolo che pare insormontabile: come superare quel muro che separa dagli alunni? Che separa gli alunni dai contenuti che l’insegnante si trova a proporre e che non necessariamente incontrano il favore e l’attenzione degli alunni.

Sì perché la narrazione prevalente (o pericolosamente strisciante) in merito alla didattica vuole (impone?) che si vada incontro ai gusti e alle tendenze degli studenti. Ad esempio, liofilizzando i contenuti, spalmandoli in forme più attraenti, in modo da suscitare il tanto sospirato interesse e, di grazia, un po’ di partecipazione.

Narrazione pericolosa, a mio avviso, perché appiattisce il ruolo di docente, riducendolo a erogatore di un servizio che deve piacere. Invece una delle funzioni della scuola, dovrebbe essere quella di svegliare le parti assopite dell’alunno. I gusti, gli orizzonti e le aperture che a volte giacciono un po’ sepolte. E che con lo sforzo e col tempo – della scuola, appunto – possono riemergere (educere, appunto: tirar fuori da). Un tipo di narrazione sempre più vincente, purtroppo, anche a causa della competizione tra scuole e tra i docenti stessi. Le prime costrette alla corsa ai nuovi iscritti e i secondi chiamati a competere per aggiudicarsi il famoso bonus premiale; le une e gli altri, comunque, chiamati a “conquistare” il mercato, ovvero gli studenti.

Come superare allora quel muro di alterità tra gli studenti e le materie?

Basta guardare negli occhi uno studente per chiedersi: come potrà questo ragazzino dagli occhi assonnati, e che riflettono ancora le ore passate allo smartphone o a giocare a Fortnite, seguire una lezione sulla Guerra dei Trent’anni (che – chissà perché – rappresenta la noia per antonomasia: forse saranno le sue troppe fasi: danese, svedese, ecc.)?

Come potrà un alunno da cui mi separano decenni seguire le mie parole e i contenuti che – bene o male – esse cercano di rappresentare? Più passa il tempo e più mi faccio queste domande. Forse perché il tempo che passa spinge gli uomini (e anche gli insegnanti) a riflettere, a non dare nulla per scontato. Ciò che ha rappresentato una fonte di curiosità e di interesse, finanche passione, per me, non necessariamente potrà esserlo per uno studente di oggi. Studente da cui mi separano – ahimè – decenni e troppi cambiamenti socio-culturali, non sempre positivi. Un cumulo di pregiudizio e di stratificazione socioculturale, insomma, che alla parola scuola risponde: noia, noia, noia. Che fare?

Una risposta per me è stata la teatralizzazione: far rappresentare agli alunni le scene e le situazioni oggetto della spiegazione o della lettura.

Quella della teatralizzazione è stata una risposta istintiva, per me, forse nata da mie precedenti esperienze nel campo, che ha sempre riscontrato un grande interesse. Chiamare gli studenti a teatralizzare, a mettere in scena in forma sintetica e semplificata, ciò di cui si è solo parlato, permette di passare in una certa misura al vissuto, all’esperito e, forse, di superare quel muro.

Di far percepire, per esempio per quanto riguarda la Storia, che altre epoche, altre mentalità, altre abitudini sono esistite davvero e che il nostro, o il loro, non è l’unico né sarà l’ultimo. O che tante storie di cui parlano i testi letterari sono anche le nostre storie, quelle di persone che – come Lancillotto sul ponte della spada – si trovano di fronte a una paura irreale, fantasmatica (due leoni che l’attenderebbero passato il ponte), che sparisce se si ha il coraggio, come fa Lancillotto, di attraversare quel ponte e di constatare, poi, che i leoni non esistevano.

Nel vederli rappresentare quelle piccole scene, nelle mani alzate che fanno a gara per partecipare, mi pare a volte di avere visto occhi meno spenti e, forse, meno annoiati. Meno al di là del muro.

Non che tutto ciò non esponga a rischi e pericoli: nella teatralizzazione della defenestrazione di Praga (la solita, noiosissima, Guerra dei Trent’anni!) mi sono trovato di fronte alla spiacevole intenzione manifestata da un alunno, momentaneamente boemo e protestante, di buttare dalla finestra un suo compagno, altrettanto momentaneamente cattolicissimo rappresentante dell’impero. Ma basta stare attenti alle finestre, e riderci su, tutti insieme, come feci con i miei studenti anche in quell’occasione.

Laboratorio a tema TEATRO: ascolto&immaginazione!

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Entriamo in punta di piedi nel magico mondo del teatro per “rubare” due esercizi utili anche in classe, per stimolare con creatività all’ascolto dell’altro e alla fantasia!

Si dice che il teatro sia una scuola di vita: sì, ne siamo convinti anche noi, ecco perché pensiamo sia davvero importante portare… il teatro a scuola!

Dopo i primi due laboratori proposti, dedicati al tema dell’inclusione (il primo lo trovi qui, il secondo invece qui), eccoci con un’altra proposta di laboratorio da fare in classe, che ruba dal grande baule dei sogni chiamato “teatro”, due esercizi interessanti e stimolanti, sia per l’insegnante che per gli alunni!

Scambio d’identità

Il primo esercizio – “scambio d’identità” –  è ottimo per abituare gli alunni all’ascolto dell’altro. La tendenza è quella di essere sempre meno concentrati sulle parole di chi ci sta parlando, perché catturati da mille stimoli. Si dice infatti che: si pensa 100, si racconta 80, si ascolta 40 e si ricorda 20! Impariamo dunque a guardare l’altro negli occhi, e a non farsi scappare nemmeno una parola!

Procedimento

Dividete la classe a coppie, le quali saranno impegnate a raccontarsi l’un l’altro un aneddoto, con più particolari possibili: dove mi trovavo, quando è successo, cosa è successo, come mi sono sentito (o come si è sentita la persona a cui è successo), ecc.

Terminati entrambi i racconti, si passa al cambio di coppia: formato un nuovo duo, ogni alunno dovrà raccontare all’altro la storia appena ascoltata. E via così, fino a che gli alunni non avranno raccontato le varie storie ascoltate a tutti i compagni!

Terminato il giro di storie, ognuno racconterà l’ultimo aneddoto ascoltato: quanto sarà fedele al racconto originario? Colui che lo ha vissuto o raccontato per primo, sarà in grado di riconoscerlo?

L’oggetto immaginario

Smartphone, consolle, pc, tv: i ragazzi e le ragazze di oggi sono talmente abituati a “vedere”, che sempre meno sono in grado di immaginare, di attingere al profondo pozzo della fantasia. Anzi, quel pozzo sempre di più rischia di prosciugarsi. Ecco allora un esercizio in grado di stimolare proprio quel grande patrimonio che tutti dovrebbero avere in grande quantità.

Procedimento

Fate sedere gli alunni in cerchio, dicendo loro che al centro si trova un oggetto immaginario: nessuno sa cos’è, o meglio, ognuno può farlo essere quello che vuole.

Uno alla volta gli alunni – dopo aver deciso autonomamente di che oggetto potrebbe trattarsi – si alzeranno e interagiranno con lui, senza dire alcuna parola.

Terminato il turno dell’ultimo alunno, si procede ad un secondo giro, in cui stavolta ogni alunno dovrà aggiungere un’esclamazione alla sua interazione con l’oggetto.

Terminato anche il secondo giro, si passa alle domande al “pubblico”: di che oggetto si trattava, per ogni alunno? Sono stati tutti così bravi da far indovinare agli altri la natura dell’oggetto, senza mai nominarlo ma solo interagendo con lui, grazie all’immaginazione, e utilizzando una sola esclamazione?

Via libera alla fantasia!

Foto di copertina by saeed karimi su Unsplash

Fare teatro a scuola, serve?

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Fare teatro a scuola, ma farlo bene: perché, come diceva Rodari, “l’esperienza teatrale contiene gli elementi di una scuola nuova e vera […], liberata dal meccanismo burocratico.

Mi capita, talvolta, di trovare difficile scrivere sul teatro a scuola. Temo di dire cose scontate e ovvie, soprattutto perché prima di me a dirle sono stati dei grandi artisti e scrittori. Per questo motivo inizio questa mia riflessione prendendo spunto da un’affermazione di Rodari che sosteneva che il teatro doveva far parte della scuola non come attività pomeridiana extrascolastica (da ricordare che quando Rodari scriveva, la scuola finiva alle 12,30 e nel pomeriggio alcune scuole erano aperte per le attività extrascolastiche), perché:

L’esperienza teatrale, nel suo corso complesso, contiene gli elementi di una scuola nuova e vera, completamente sottratta a ogni schema artificioso, liberata dal meccanismo burocratico.

Gianni Rodari, Il mio teatro, a cura di Andrea Mancini e Mario Piatti, Titivillus edizioni, 2006

Ho sempre pensato che il teatro a scuola debba essere fatto durante l’orario scolastico e offrire uno spazio “altro” nel quale il bambino e/o il ragazzo possa esprimersi uscendo dai canoni della scuola e senza paura del voto.

Costruire un personaggio

Se Carletto (nome di fantasia) è il bambino considerato distratto, forse a teatro trova una sua dimensione, oppure il conduttore /conduttrice del progetto può “usare” questa caratteristica per costruire un personaggio. Attenzione non il personaggio del distratto (che vorrebbe dire bloccare Carletto in questo giudizio), ma un personaggio che abbia le caratteristiche di Carletto affinché capisca che la sua indole può essere anche positiva o la può usare per crescere. Qualche anno fa avevo un bambino molto silenzioso e dalla voce che era un filo, costruii per lui il personaggio del giardiniere che, innamorato della sua pianta, la cullava e le sussurrava parole dolci: fu un successo e lui ne uscì più forte.

Teatro come scuola di democrazia

La scuola oggi, come al tempo di Rodari, ha tempi che non sono a misura di bambino, nonostante le riforme e la marea di scritti e saggi e nonostante i molti e le molte insegnanti che si prodigano perché così non sia. I programmi non esistono da vent’anni, ma (quasi) tutti li rincorrono.

Il teatro è un spazio altro che però ha delle regole ferree pur nel suo essere profondamente creativo; questo lo rende un grande strumento educativo perché come diceva Munari:

Saper gestire un mezzo è il miglior modo per padroneggiarlo

e quindi essere liberi di creare, perché la libertà poggia sulla conoscenza. I limiti alla creatività, la fantasia che non vuol dire fare affermazioni a caso, il dover stare dentro regole per creare liberamente, sono gli strumenti che offriamo al bambino e al ragazzo quando facciamo teatro, che diventa scuola di democrazia.

Offriamo la possibilità di usare il corpo anche fuori l’attività sportiva così che sappia di averlo anche se non è un campione. Un corpo che deve muoversi in uno spazio definito, che deve sentire l’altro e esprimere e comunicare affinché chi ascolta e guarda, comprenda.

Imparare a stare insieme

Nell’esperienza teatrale il bambino o ragazzo deve stare attento perché è lui che sta sul palco non può delegare (alla maestra, ai genitori, al registro elettronico); è lui che sta lì, è lui responsabile di quello che fa e che dice; è responsabile per sé e per i compagni. Questo rende il teatro a scuola un’esperienza anche faticosa a volte difficile, si grida, si piange e ci si scoraggia, si discute. E si impara a stare insieme.

Infine nell’esperienza teatrale bisogna inventare e creare partendo da un’idea e collaborando con gli altri. Questo fa del teatro a scuola uno dei tanti semi che possiamo gettare per formare lettori e per fare scrittura.

Il “contenitore”

Una delle esperienze più divertenti che ho fatto negli anni con i ragazzi è stata quella di partire da un “contenitore” (io li chiamavo così) che io proponevo loro dopo aver conosciuto il gruppo e le loro energie. Faccio un esempio veloce: in una classe di 18 individui di cui 16 femmine e due maschi, proposi loro come “contenitore” un salone di parrucchiere nel quale si avvicendassero le clienti e persone di passaggio; i due ragazzi facevano uno il garzone del bar, concupito dalla parrucchiera, l’altro un postino. Ne venne fuori un lavoro su i tipi umani molto bello e parecchio ironico; ci divertimmo molto! 

Dopo questa esperienza l’insegnante riprese il testo teatrale, scritto sulla base di improvvisazioni e testi proposti dai ragazzi e da me, per elaborare uno scritto con la classe. 

Trasposizione teatrale di un romanzo

Un’altra esperienza che mi ha segnata in senso positivo è la trasposizione teatrale (tra-duzione) di un romanzo. Se la classe è giusta, è divertente e appagante. Anni fa con una quinta primaria (allora elementare) abbiamo messo in scena Le avventure di Pinocchio, in toscano e con solo qualche taglio. Lo hanno chiesto loro e io gli ho detto che Lorenzini non si taglia: o si fa in toscano o in un altro dialetto. Così fu in toscano.

Fu un lavoro enorme, io scrivevo anche in autobus per preparare le parti; i ragazzi hanno fatto un grandissimo lavoro su costumi e usi dell’epoca e ovviamente per dare una parte a tutti abbiamo giocato col romanzo e con l’autore perché io non posso vedere “recite” con una scena in cui Pinocchio è Giacomo (nome di fantasia) e in un’altra scena è Tommaso (nome di fantasia); questa pratica in teatro non esiste e non deve esistere neanche nel teatro scolastico, perché è un falso ed è come insegnare male la grammatica o le tabelline. Si creano altri personaggi, si immaginano situazioni possibili.

L’importanza dei professionisti del teatro

Ne Il fantasma di Canterville, Wilde parla solo della governante di Casa Canterville ma sicuramente ci saranno stati dei cuochi, dei giardinieri, le servette; nel paese in basso non c’era un postino? La signora Otis non aveva amiche? Insomma giocare con l’autore, creando personaggi plausibili anche basati su altre opere dello stesso. E così si fa scrittura, teatro, Storie, storia del costume e a volte anche educazione civica. E il bello sapete qual è? Che i bambini non se ne accorgono loro stanno giocando al teatro.
Certo è fondamentale che a farlo nella scuola siano professionisti del teatro perché l’esperienza non sia un ripetere parole su un palco.

Se ti interessa particolarmente il tema TEATRO A SCUOLA, ne abbiamo parlato in passato anche qui!

Foto di copertina by Yiran Ding su Unsplash

L’importanza del teatro per le giovani generazioni

in Approcci Educativi/Arte, Musica e Spettacolo/Zigzag in rete by
teatro e giovani generazioni

Nella TOP 10 degli articoli più letti, abbiamo un articolo sul teatro. Un’esperienza che scaturisce emozioni formative e stimolanti per la mente delle giovani generazioni

Fare teatro è un’esperienza che coinvolge, fa riflettere, emoziona, avvicina agli altri; che siano le emozioni dei compagni sul palco, o l’empatico sentire del pubblico in ascolto. Questa è l’importanza di fare teatro, soprattutto per le giovani generazioni, e di questo ne avevamo già parlato qui.

Non è da meno, dunque, il “vedere teatro” che, nel caso in cui abbia come pubblico quello dei bambini, delle scuole e delle famiglie, con linguaggi e metodologie proprie dell’infanzia e dell’adolescenza, prende il nome di Teatro ragazzi.

Un po’ di storia

Mentre il teatro di figura e il teatrodanza si autodefiniscono in base agli elementi linguistici utilizzati, e il teatro sperimentale o di avanguardia lo fanno in base alla metodologia, il teatro ragazzi si autodefinisce in base al pubblico.

Nato inizialmente in Europa come fenomeno teatrale, il teatro ragazzi rappresenta, soprattutto in Italia, un vero e proprio genere teatrale, comprendente diversi tipi di spettacoli ed espressioni artistiche: il teatro d’animazione, il teatro dei burattini, il teatrodanza.

Il teatro ragazzi contemporaneo nasce in Italia alla fine degli anni sessanta come vero e proprio movimento, proprio in rapporto ai cambiamenti culturali dell’epoca, i quali portano ad un nuovo modo di concepire la scuola e il teatro, fondendo il teatro ragazzi con il teatro ‘per ragazzi’ e, attraverso il lavoro di alcuni operatori, esce dalla scuola e diventa autonomo, adottando stilemi propri, con un linguaggio al servizio dell’immaginario del bambino.

Perché è importante?

Dalle semplici fiabe – comunque portatrici di determinati valori – a spettacoli che mettono al centro temi civili forti, in grado di aiutare a comprendere meglio il presente e dunque a dare un senso al mondo: quella teatrale è un’arte che stimola sia la fantasia che il pensiero critico, aprendo alla diversità, sviluppando empatia.

Diffondendo la bellezza, l’arte e la cultura, il teatro è un veicolo sociale potentissimo, portatore di messaggi positivi.

Il teatro ragazzi ha dunque una grande utilità formativa, offrendo strumenti utili a capire e a dare un senso al proprio io e alla comunità: la scrittura, il movimento, il suono, l’immagine… tutto si fa veicolo di un sapere che attraverso la voce/il gesto dell’attore passa allo spettatore.

Pubblico di adulti e di ragazzi: quali le differenze?

Più estraneo alle forti emozioni, il bambino accoglie con entusiasmo ciò che gli viene mostrato, e più di un adulto si lascia andare alle esternazioni delle proprie emozioni: il riso, la paura, la commozione… tutto ciò che come pubblico il bambino riceve, lo restituisce a sua volta, raddoppiandone la potenza!

Teatro ragazzi: dove andare a vederlo?

Molte in Italia sono le compagnie specializzate nel Teatro ragazzi; ecco di seguito un elenco di alcune di queste, dove poter trovare il programma della stagione dedicata al pubblico delle giovani generazioni:

TEATRO DEL BURATTO MILANO
TEATRO DELLA TOSSE GENOVA
TIB TEATRO BELLUNO
TEATRINO DEI FONDI SAN MINIATO (PISA)
VENTI LUCENTI FIRENZE
KANTERSTRASSE TERRANUOVA B.NI (AREZZO)
FONTEMAGGIORE PERUGIA
TEATRI DI BARI
TEATRO LIBERO PALERMO

Foto di copertina by Barry Weatherall on Unsplash

Plautus Festival: il Classico non passa mai di moda!

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Il Teatro Classico va in scena al Plautus Festival, uno dei più importanti e longevi festival teatrali di tutta Europa!

C’è tempo fino al 18 agosto per assistere ad una delle rappresentazioni in calendario per il Plautus Festival a Sarsina (provincia di Forlì-Cesena in Emilia-Romagna).

Un festival che vuole onorare Tito Maccio Plauto, il più grande commediografo latino, padre della commedia a livello mondiale e del dramma teatrale antico.

Quattordici gli appuntamenti, otto dei quali all’Arena Plautina (che può ospitare fino a 1.068 spettatori), tradizionale contenitore del Festival; gli altri sei spettacoli andranno invece a valorizzare spazi inediti, quali la Piazzetta Lucio Pisone e la Basilica di San Vicinio.

Arena Plautina

La 62° edizione del Plautus Festival si è aperta il 16 Luglio a Badia di Montalto, con uno concerto della talentuosa Simona Molinari, promosso dall’Unione dei Comuni Valle del Savio, nell’ambito del progetto “Savio Trail”.

La chiusura del 18 agosto, invece, sarà affidata a Massimo Venturiello, un habitué del Plautus Festival, con “Agamennone” di Eschilo nella rilettura del poeta e drammaturgo greco Ghiannis Ritsos.

Tra i due eventi, dodici appuntamenti di Teatro Classico e contemporaneo, Commedia dell’Arte e musica, che ti consigliamo di non perdere!

Clicca qui per scoprire nel dettaglio tutto il programma!

Clicca qui per ulteriori informazioni.

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Festival Internazionale del Teatro per Ragazzi: un salto a Porto Sant’Elpidio!

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Festival Internazionale del Teatro per Ragazzi: spettacoli e laboratori per far scoprire e vivere il teatro a ragazzi e ragazze!

Una delle più importanti manifestazioni dedicate al teatro per l’infanzia e la gioventù in Italia e nel mondo è il Festival Internazionale del Teatro per Ragazzi.

Alla sua 33°edizione, dal 17 al 23 luglio propone decine di spettacoli, laboratori, mostre, incontri, a cui partecipano compagnie teatrali dall’Italia e dall’estero.

Giuria dei ragazzi

Una giuria di 150 ragazzi e ragazze giudica ogni spettacolo con un voto che va da “bellissimo” a “noioso”. Lo spettacolo vincitore si aggiudica il premio “ Gianni Battilà”, tra i primi fondatori del Festival Internazionale del Teatro per Ragazzi.

Il premio da diritto alla compagnia vincitrice di tornare al Festival l’anno successivo con una nuova produzione.

Artisti per il Festival

L’immagine grafica del Festival, che ne diventa poi il simbolo, viene donata ogni anno da un grande artista, e va ad arricchire la Pinacoteca del Festival.

Si tratta di un progetto che dal 1995 ad oggi ha visto l’adesione di nomi importanti della cultura Italiana: Emanuele Luzzati, Bruno Munari, Nicoletta Costa, Altan, Dario Fo, Vincenzo Mollica, Oliviero Toscani, Sergio Staino e molti altri.

Tutte le opere sono visibili online qui e in una mostra permanente a Villa Murri a Porto Sant’Elpidio.

Alcune delle immagini donate negli anni dagli artisti

Con un pubblico vivace che conta ogni anno oltre ventimila presenze tra bambini e famiglie, il Festival Internazionale del Teatro per Ragazzi è una vera e propria occasione di festa che per una settimana anima tutta la città!

Clicca qui per scoprire tutti i laboratori della settimana, qui per leggere il programma del festival, e qui per vedere il calendario degli incontri!

Fonte foto di copertina qui

Festival dei Due Mondi a Spoleto: danza, teatro e musica!

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Dal 24 giugno al 10 luglio a Spoleto torna il Festival dei Due Mondi, con oltre 60 spettacoli e 500 artisti da 36 paesi!

Mai come quest’anno l’estate pullula di festival, spettacoli, eventi per stare insieme: è tanta la voglia di stare fuori, all’aperto. Dopo gli ultimi durissimi due anni, il pubblico ha adesso solo un grande desiderio di vedere, ascoltare, scoprire, conoscere!

E a proposito di festival, è in partenza il Festival dei Due Mondi di Spoleto, in provincia di Perugia, dal 24 giugno al 10 luglio.

La 65esima edizione

Arrivato all’edizione numero 65, il Festival dei Due Mondi di Spoleto ha per il secondo anno la direzione artistica di Monique Veaute.

Il festival, che segue la sua vocazione multidisciplinare e internazionale, tesse una tela di relazioni trasversali alle singole arti. Tre le linee programmatiche:

  • le melodie dei due mondi (l’Europa e l’America)
  • la voce delle donne
  • i nuovi modi di raccontare la musica

Valorizzando teatri, spazi all’aperto, ma anche luoghi non convenzionali, offre più di 60 spettacoli in 17 giorni, e oltre 500 artisti da 36 paesi!

La musica

La programmazione musicale guarda alla relazione tra le due sponde dell’oceano, abbracciando diversi linguaggi. In questo, hanno un ruolo importante le due orchestre in residenza: la Budapest Festival Orchestra e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

La soprano e direttrice d’orchestra Barbara Hannigan, presente con quattro diversi concerti, si inserisce nel percorso che la nuova edizione sviluppa con le figure femminili che hanno dato un nuovo corso alle arti performative.

Infine, la programmazione musicale include anche jazz ed elettronica, barocco e contemporanea; dalla rassegna di musica americana dell’ensemble Sentieri selvaggi, alla performance di Tovel.

Da non perdere, poi, gli speciali concerti per Spoleto di Angelique Kidjo, Mariza e Dianne Reeves, in Piazza Duomo.

Danza e teatro

Le altre sezioni – danza, teatro, mostre – raccolgono alcune delle proposte più innovative del panorama nazionale e internazionale. È il caso della coreografa spagnola Blanca Li, che mette in scena uno spettacolo immersivo in realtà aumentata.

Sempre in tema di danza, presenti anche: le coreografe Germaine Acogny, fondatrice dell’École des Sables, Anne Teresa De Keersmaeker e la regista Jeanne Candel – con una nuova esperienza di teatro musicale.

Il festival rende inoltre omaggio all’icona della danza Trisha Brown, scomparsa 5 anni fa.

La sezione Teatro, invece, propone il regista tedesco Thomas Ostermeier e presenta gli ultimi lavori di drammaturghi italiani quali Fabio Cherstich, Leonardo Lidi, Davide Enia e del duo RezzaMastrella.

Eventi collaterali

Attorno al cartellone ufficiale, poi, troviamo gli eventi speciali: gli incontri con gli artisti, i premi, le istallazioni d’arte, le rassegne cinematografiche e le mostre.

Per info sull’interno programma dettagliato, clicca qui; per tutte le altre informazioni sul Festival, clicca qui.

Foto di copertina: https://festivaldispoleto.com/

Apprendimento e coinvolgimento emozionale in un’esperienza video-teatrale

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Come mettere in atto un coinvolgimento emozionale in classe, attraverso un’esperienza video teatrale

Sul tema del coinvolgimento emozionale attraverso il teatro in classe, abbiamo già avuto modo di parlare in questo articolo. Laddove gli studenti diventano i veri protagonisti delle loro esperienze di apprendimento, è possibile realizzare iniziative di grande impatto.

Si mettono in gioco componenti emozionali e motivazioni efficaci per incidere sui processi di lavoro, utili a conseguire obiettivi e traguardi.

L’insegnante assume il ruolo di facilitatore e diviene centrale il processo di apprendimento del singolo studente che. attraverso il coinvolgimento emozionale, mette in gioco abilità, creatività e talenti posseduti.

Ho già descritto qui quanto un’ esperienza di didattica attiva come la realizzazione di un kamishibai abbia positivamente influito:

  • sul consolidamento delle conoscenze
  • sulla sperimentazione di diversi ambiti di competenza

In termini di interpretazione/rielaborazione testuale e socializzazione, risultati simili sono stati ottenuti con la messa in pratica di un’iniziativa basata su una progettazione di impianto simile.

Realizzata in una classe seconda di scuola secondaria di primo grado, parliamo di una performance teatrale per rievocare la vicenda del re di Inghilterra Enrico VIII Tudor e delle sue sei mogli.

Il ruolo dell’insegnante

Nel suo ruolo di facilitatore, l’insegnante osserva attentamente l’interesse che suscitano sugli studenti determinati argomenti inseriti in programmazione. Struttura percorsi didattici che permettono ai ragazzi di interagire in modo critico e costruttivo, lanciando sollecitazioni, supportando idee e fornendo materiali di lavoro e approfondimento.

Enrico VIII Tudor e delle sue sei mogli

L’esperienza è partita dall’interesse suscitato dal capitolo del libro di storia riferito alla nascita dell’anglicanesimo e alla figura del re inglese Enrico VIII Tudor. Ho fatto leggere i libri Enrico VIII e le sue mogli di Henry De Kock e La storia di Enrico VIII e delle sue sei mogli di Mino Milani, e ho creato organizzatori grafici per facilitare le annotazioni sui punti di vista dei vari protagonisti coinvolti.

I ragazzi, suddivisi in gruppi, hanno prodotto narrazioni scritte incentrate su scambi di battute e dialoghi tra i personaggi, dando poi vita a mini-sceneggiature teatrali. Una volta condivisi i prodotti realizzati, si è passati alla stesura di una sceneggiatura unica che inglobasse gli apporti provenienti da ciascun lavoro collettivo.

Per la stesura definitiva è stato utilizzato il software Celtx, utile per impaginare e formattare il testo, che ha implementato le competenze digitali degli studenti.

Durante la stesura, i ragazzi si sono resi conto dell’importanza da attribuire sì alle parole, ma anche ai gesti, finalizzando la produzione scritta alla rappresentazione teatrale pratica che ne sarebbe seguita.

Ad ognuno il suo ruolo!

Il coinvolgimento emozionale passa anche dall’investitura di un preciso ruolo. La classe è passata dunque all’identificazione e alla distribuzione delle figure necessarie alla messa in scena:

  • attori
  • regista
  • aiuto-regista
  • cameraman
  • tecnico del suono e delle luci
  • costumista
  • truccatore
  • parrucchiere
  • suggeritore

Ogni alunno aveva scelto e ottenuto un preciso incarico, consapevole che tutto il team avrebbe dovuto collaborare per la corretta riuscita del prodotto finale.

Tra le conseguenze maggiormente impattanti all’interno del contesto classe va sicuramente annoverata l’ottima ricaduta in termini di socializzazione e collaborazione tra pari. Il senso di appartenenza comunitaria è andato migliorando in maniera evidente: il gruppo ha deciso in autonomia di ritrovarsi in orario extrascolastico per dedicarsi all’attività.

Ne ho approfittato per organizzare uscite anche serali alla sede del teatro locale; qui i ragazzi si sono ritagliati il ruolo di giurati all’interno della rassegna di teatro amatoriale “Storie di paese”. Anche questa iniziativa ha giocato all’interno de contesto classe un ruolo chiave sia in termini aggreganti che in quelli motivazionali.

Il prodotto finale che i ragazzi hanno realizzato, confluito in questo videoclip.

Le testimonianze

Queste alcune testimonianze metacognitive in cui veniva richiesto di esplicitare ciò che più aveva destato interesse durante lo svolgimento delle mansioni del proprio ruolo:

Mi è piaciuto fare il cameraman. Sembra facile, ma è difficilissimo stabilire le inquadrature o sistemare le telecamere in modo che l’ombra non copra gli attori. Ho capito che fare i video mi piace e voglio coltivare questa attività anche da solo.

Io sono stato il fonico. Come ruolo è bello e interessante, tranne quando passa il ragazzo di torno che fa rumore e sembra che esplodano i timpani! Dovevo ascoltare attentamente e dire al regista se si sentivano rumori di sottofondo che potevano rovinare l’audio. La parte che non mi è piaciuto rifare è stato l’applauso perché mi ha lasciato una gran confusione in testa.

Io e la mia compagna eravamo costumista e truccatrice […]. Difficile è stato vestire il mio compagno che faceva il re perché il costume era troppo largo e perché si lamentava continuamente del caldo. Ci siamo divertiti, anche a mangiare insieme nelle pause tra le riprese, e il prossimo anno spero che possiamo rivivere un’esperienza simile.

[…] Per me poi è stato molto difficile rimanere in assoluto silenzio durante le riprese. Mi veniva da ridere.

Io recitavo e mi sono divertita molto. Ho imparato tante cose nuove, ascoltato tanti suggerimenti su come migliorare i miei errori. Fare l’attore è difficile, ma anche gli altri ruoli non sono da meno. […]. Ho  capito che per fare un film, un video o uno spettacolo teatrale ci vuole tanto tempo e che ci sono tante persone che lavorano, non solo gli attori che si vedono. E mi è piaciuto molto il fatto che in questa occasione ci siamo legati anche più tra noi compagni. Dovevamo collaborare e dovevamo ascoltarci. I prof ci hanno sempre incoraggiati, anche quando sbagliavamo le scene, e noi ci siamo dati sempre più da fare per rimanere concentrati e fare sempre meglio. Ho capito che per fare bene il proprio compito occorre saper lavorare con gli altri e ascoltare i consigli di chi ne sa di più.

Un momento del backstage

Il coinvolgimento emozionale attraverso il Kamishibai

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Come mettere in atto un coinvolgimento emozionale in classe, attraverso la pratica del Kamishibai

Per incidere in modo significativo sui processi di apprendimento dei nostri studenti è davvero necessario considerare il coinvolgimento emozionale come elemento cardine di una buona impostazione didattica.

Assieme ad una pratica il più possibile attiva e partecipata e dando il giusto spazio alla creatività, l’insegnante può veramente fare la differenza, incidere sui processi di lavoro dei singoli e fare in modo che tutti gli studenti diventino davvero protagonisti attivi del loro apprendimento.

Come docente di Italiano in una scuola secondaria di primo grado ho modo ogni giorno di prendere atto di quanto siano vere le parole della neuroscienziata Mary Helen Immordino-Yang quando, testualmente, afferma:

È neuro-biologicamente impossibile costruire ricordi, impegnarsi in pensieri o prendere decisioni significative senza emozioni. Avere un efficace ‘timone emotivo’ è fondamentale, in particolare per fare in modo che gli studenti siano in grado di utilizzare la conoscenza in modo efficace.

Sulla base degli obiettivi e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze in lingua italiana che ci vengono indicati nelle Indicazioni nazionali per il curricolo, è dunque possibile progettare attività didattiche che rispondano in maniera efficace a quanto appena affermato.

La modalità laboratoriale

Occorre fare in modo che il setting e le lezioni siano impostate in modalità laboratoriale, affinché i ragazzi:

  • si sentano coinvolti il più possibile in tali attività
  • interagiscano in maniera attiva e partecipata alla lezione
  • siano coinvolti emotivamente
  • riescano a sviluppare il loro spirito critico
  • si mettano autenticamente in gioco per ricercare soluzioni originali e creative

I ragazzi, veri protagonisti attivi, se potranno seguire procedure di lavoro creative e originali collaborando con gli altri e se saranno resi liberi di esprimere al meglio i loro talenti, saranno anche meglio inseriti nel loro contesto di ordine di scuola stesso.

Non dimentichiamo, infatti, che la scuola secondaria di primo grado ha come obiettivo prioritario quello di:

indirizzare i ragazzi alla consapevolezza di sé, alla presa di coscienza dei propri punti di forza su cui progettare ipotesi di prosecuzione scolastica futura

Dare modo di sperimentare ed esprimersi attraverso diverse modalità procedurali sarà utilissimo per osservare quali sono i talenti da far valorizzare in ognuno, dalla sfera digitale, all’espressività testuale, alla produzione artistico-raffigurativa.

Insomma, mettere in gioco le “intelligenze multiple“, per dirlo alla Gardner, dovrebbe essere elemento cardine della cosiddetta scuola media.

Il Kamishibai

Illustrata in passato in questo articolo, il Kamishibai è la tipologia di lavoro ideale, in quanto tiene conto delle componenti appena enucleate.

I ragazzi hanno infatti dato vita ad un kamishibai per raccontare alcune vicende legate a degli episodi dell’Iliade analizzati in classe. Tengo a precisare che una tipologia di lavoro simile può trovare applicazione, opportunamente rimodulata, in qualsiasi ordine di scuola, scuola dell’infanzia inclusa.

Dopo la narrazione di alcuni episodi dell’Iliade e la loro discussione in modalità individuale e collettiva, i ragazzi sono passati al ruolo di esecutori attivi e di co-costruttori delle proprie conoscenze, seguendo dei processi di apprendimento che facessero leva:

  • sulla competenza di rielaborazione critica
  • sulla capacità di lavorare in gruppo
  • sul ricorso alla creatività

In realtà il nostro è stato un po’ un mix tra teatro itinerante e kamishibai vero e proprio, visto che quest’ultimo dovrebbe prevedere la narrazione di storie supportate con disegni intercambiabili e non con burattini come abbiamo prodotto noi, ma l’importante è dare seguito alle idee che provengono dai ragazzi e questo è ciò che ho trovato utile far realizzare.

Svolgimento dell’attività

Lavorando a piccolo gruppo, gli studenti hanno scelto un episodio dell’Iliade che li aveva particolarmente colpiti e lo hanno riscritto sotto forma di dialogo per il loro kamishibai, così che i burattini potessero parlare tra loro e affrontarsi un po’ come accade negli spettacoli dei pupi siciliani.

Un esempio di mini-sceneggiatura, chiamiamola così, è la seguente, finalizzata a rievocare il litigio tra Achille e Agamennone:

Crise: Agamennone, sono venuto a riprendermi mia figlia Criseide.

Agamennone: Non te la darò indietro! La terrò come mia schiava!

Crise: Allora dirò ad Apollo di mandare la peste su di voi.

Achille: Agamennone, devi restituire Criseide a Crise, perché i nostri soldati stanno morendo di peste e in questo modo non vinceremo mai la guerra!

Agamennone: Va bene, io restituirò Criseide a Crise, ma tu mi devi dare la tua schiava perché io sono il vostro capo e non posso rimanere senza schiava!

Achille: Allora anch’io non posso rimanere senza schiava, perché sono il combattente più forte dell’esercito, mentre tu te ne stai fermo a dare ordini e guardarci morire. Brutto cane! Cuore di cervo! Se io rimarrò senza schiava, me ne andrò dall’esercito acheo! Sto combattendo per tuo fratello Menelao. A me i troiani non hanno fatto niente!

Agamennone: Va bene, vattene pure! Non mi importa niente, ho soldati più forti e coraggiosi di te e se sei forte il merito non è tuo, ma di una divinità.

Achille: Va bene, me ne vado. Me ne tornerò a Ftia, così perderai il tuo guerriero più forte e quando te ne pentirai sarà troppo tardi.

Alcuni hanno scelto di rievocare la morte di Patroclo, altri l’ultimo saluto tra Ettore e Andromaca, altri ancora il duello tra Ettore e Achille.

Oltre alla strutturazione dei dialoghi, i ragazzi hanno realizzato in autonomia, utilizzando semplici cartoni di scarto, sia il teatrino/kamishibai vero e proprio che i personaggi da far animare al suo interno.

La messa in scena

In ultimo, gli sketch sono stati prima messi in scena in classe, poi l’intero allestimento, compresa la bicicletta proprio come avviene nelle narrazioni itineranti giapponesi, si è spostato nelle varie classi dell’istituto, compresi gli uffici di segreteria, così che i ragazzi si sentissero coinvolti appieno nel loro ruolo di affabulatori e di divulgatori di conoscenza.

Va da sé che, implicitamente, l’attività del kamishibai puntasse:

  • alla sedimentazione delle loro conoscenze
  • alla messa in ballo di numerose competenze non meno importanti, quali la capacità di organizzare una attività insieme agli altri e riuscire a sostenere una recitazione, ma anche una conversazione

Ultimi elementi su cui tener focalizzata l’attenzione in un simile lavoro – ma non ultimi per rilevanza formativa/educativa – sono gli aspetti della metacognizione e della valutazione, essenziali per:

  • dare senso al percorso di lavoro
  • permettere ai ragazzi di avere coscienza dei procedimenti di apprendimento intrapresi

Come affermano  M. Pressey, K.R. Harris e M. B. Marks:

in un buon modello di insegnamento delle strategie gli insegnanti incoraggiano abitualmente la riflessione e la pianificazione da parte degli studenti” e “le strategie – secondo la spiegazione di Pressley, Forrest-Pressley, Elliot-Faus e Miller – si compongono di una o più operazioni cognitive sottostanti e soprastanti i processi che costituiscono l’esecuzione di un compito. Le strategie sono rivolte a risultati cognitivi e sono potenzialmente attività consapevoli e controllabili”. La loro funzione è quella di assistere chi apprende nell’esecuzione di operazioni cognitive essenziali che producano un apprendimento interiorizzato ed efficace

L’attività del Kamishibai può forse sembrare una pratica di difficile attuazione, ma a mio avviso tutto sta nel far rientrare progressivamente la metacognizione nelle consuete attività di classe, anche partendo da semplici richieste in cui far spiegare ai ragazzi cosa hanno realizzato, come, con quali finalità e con quali esiti.

Momenti dell’attività in classe

Riflessioni

Dalle seguenti riflessioni si può notare come i ragazzi si siano resi consapevoli dei rispettivi punti di forza e debolezza, di come mettere in azione i loro talenti e di quanto sia rivelata importante la collaborazione e la pratica di azione reciproca:

PRIMA DEL LAVORO:

con la prof abbiamo letto alcune parti dell’Iliade e a me è piaciuta la litigata tra Achille e Agamennone. Che coraggio Achille a rivolgersi così al suo capo! Io non ce l’avrei mai fatta! Insieme a V. e A. abbiamo scelto di scrivere dialoghi su questa scena. Prima rileggeremo le pagine sull’antologia, poi mi farò un pochino aiutare da A. che scrive meglio di me. Io disegno bene e ho già pensato a come fare i burattini

DURANTE IL LAVORO:

Il dialogo sta venendo bene. Abbiamo messo delle battute nostre, ma V. ha detto di seguire anche quello che c’è scritto sul testo. Le offese di Achille, ad esempio, sono buffe e le mettiamo. Poi dobbiamo spiegare in poche righe che cosa sta succedendo, quindi bisogna scegliere le parole giuste che dovremo leggere e che gli altri dovranno capire. Intanto anche i personaggi disegnati stanno venendo bene. Io ho guardato su internet i vestiti dei soldati, cercherò di farli meglio che mi riesce. Scriviamo e poi leggiamo a voce alta facendo muovere i burattini. Sembra venga bene

A FINE LAVORO:

credo che questa attività mi farà ricordare questa scena per molto tempo. Leggere davanti agli altri mi ha messo un po’ in imbarazzo, ma non tanto. Poi io dovevo guidare la bicicletta, quindi ho letto poco con la scusa che avevo altro da fare. I miei disegni sono piaciuti e sono contento. Mi viene da ridere se penso alla faccia che ha fatto il mio babbo quando ho detto che dovevo portare la bicicletta a scuola per una cosa di italiano. Non ci credeva e pensava che lo prendessi in giro. Insomma, un’esperienza positiva, da rifare!

La valutazione

Anche per la valutazione, occorre fare in modo che i ragazzi siano coinvolti in prima persona nei criteri che verranno adottati. Ciò farà sì che si impegnino con maggior efficacia e che siano consapevoli fin da subito se il loro lavoro sta procedendo nel modo giusto.

Tra i criteri, non dovranno mancare voci basilari, quali:

  • chiarezza espositiva
  • capacità di rielaborazione e originalità
  • attenzione alla tempistica
  • capacità di lavorare con gli altri e di contribuire in modo fattivo alla realizzazione del prodotto finale

Seppur iniziative laboratoriali di questo genere possano a prima vista apparire come eccessivamente complesse/lunghe o addirittura non allineate a ciò che richiedono le Indicazioni nazionali, dalle competenze messe in campo si nota, invece, che sia la valenza didattica che la ricaduta sugli apprendimenti acquistano un ruolo notevole:

i ragazzi comunicano, collaborano, leggono, interpretano, comprendono, rielaborano, espongono, scrivono, producono, padroneggiano lessico e sintassi, sia in modalità scritta che orale.

Qui il post del blog che fa riferimento all’iniziativa appena illustrata.

Foto di copertina da: http://www.kamishibaitalia.it/

Cherchez la femme: le donne dimenticate dalla Storia

in Arte, Musica e Spettacolo by

“Cherchez la femme”, lo spettacolo teatrale che debutterà il 12 marzo al Teatro della Compagnia di Castelfranco di Sotto (Pi), ci parla di tutte quelle donne del passato che, no, non sono rimaste a guardare mentre gli uomini combattevano, scrivevano, davano vita alle ideologie. Anzi.

Secondo un recente studio del Representation Project (organizzazione mondiale che garantisce agli esseri umani di raggiungere il loro potenziale, senza ostacoli legati al genere), le donne che emergono dal fiume di nomi di coloro che hanno fatto la storia rappresentano lo 0,5%.

Ma mentre gli uomini combattevano, davano vita alle ideologie, compivano imprese, dove erano le donne? 

Cherchez la femme”, scriveva con sarcasmo Alexandre Dumas padre, sostenendo che ovunque fosse un problema, là si trovasse una donna che ne era la causa.

Questa frase, assume in realtà nello spettacolo teatrale Cherchez la femme un’ accezione positiva: perché le donne, nella storia, hanno avuto un ruolo assai rilevante.

Le 5 donne

All’aprirsi del sipario troviamo così in scena 5 donne, Olympe de Gouges, Charlotte Salomon, Christine De Pizan, Irma Bandiera e Sophie Schöll: grandi personalità vissute in epoche diverse, accomunate dallo stesso triste destino, ovvero essere state ingiustamente tagliate fuori dai libri di storia.

Le giovani attrici dello spettacolo: Valentina Barnini, Matilde Cini, Irene Falconcini, Marta Manzi, Evelina Menicagli, Eva Ragoni

Quanti sanno che Olympe de Gouges scrisse, in piena Rivoluzione Francese, la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina?

Quanti conoscono la struggente opera “Teatro? O vita?” di Charlotte Salomon, con la quale lei tentò di sfuggire agli orrori del nazismo?

O ancora, il movimento della Rosa Bianca, di Sophie Schöll , che tentava di aprire gli occhi al popolo tedesco assoggettato al nazionalsocialismo?

E che dire di Christine De Pizan, la prima donna che nel 1400 divenne scrittrice per professione?

E di Irma Bandiera, la partigiana che dette la vita affinché le generazioni future potessero vivere libere come lei stessa avrebbe voluto?

Lo spettacolo teatrale

Riunite, sotto forma di rose, in uno speciale giardino, le 5 donne parlano di sé e non solo, ora sotto forma di monologo, ora sotto forma di coro a più voci che si trasforma in vere e proprie melodie. Lo spettacolo si arricchisce infatti anche di canzoni cantate dal vivo dalle performer Lisa Santinelli e Mariarita Arancio.

Perché la musica, amica della memoria, è un valido aiuto per ricordare, tramandare, insegnare.

Le performer Lisa Santinelli e Mariarita Arancio

Scritto da Silvia Nanni e diretto da Claudio Benvenuti, lo spettacolo Cherchez la femme è un’iniziativa dell’ Associazione Culturale e Solidale Crescere Insieme. Costituita nel 1994, l’Associazione ha l’obiettivo di promuovere e sostenere attività culturali e solidali in direzione nonviolenta (come l’ appoggio alla causa dell’indipendenza del Saharawi, o i laboratori teatrali per i ragazzi e le ragazze delle scuole superiori, condotti da Claudio Benvenuti, da cui provengono proprio le protagoniste dello spettacolo) e rientra nell’ambito del P.E.Z. – progetti educativi zonali – della Regione Toscana, realizzati dal Cred Valdera.

La giovane età delle attrici in scena amplifica la forza del suo messaggio: promuovere una cultura della parità di genere e superare gli stereotipi.

Argomenti, questi, di cui è necessario parlare sempre più, non solo in occasione di giornate come la Festa della Donna.

Quando e dove

Lo spettacolo Cherchez la femme andrà in scena sabato 12 marzo, alle ore 21.15, presso il Teatro della Compagnia di Castelfranco di Sotto (Pisa). L’ingresso è gratuito, con prenotazione obbligatoria allo 0571.487235 (9.00-13.00), o al
339.5271841.
Mentre giovedì 17 marzo, ore 21.15, andrà in scena al Teatro Cinema Vittoria di Cascine di Buti (Pisa), con ingresso gratuito (prenotazione al numero 329.1063401).

CHERCHEZ LA FEMME

  • Testo Silvia Nanni
  • Regia Claudio Benvenuti
  • Musiche dal vivo Lisa Santinelli e Mariarita Arancio
  • In scena Valentina Barnini, Matilde Cini, Irene Falconcini, Marta Manzi, Evelina Menicagli, Eva Ragoni, Giulio Scarpellini
  • Costumi Doriana Piampiani
  • Produzione Associazione culturale e solidale “Crescere Insieme” onlus

San Carlo di Napoli: bambini, tutti all’Opera!

in Arte, Musica e Spettacolo by
Teatro San Carlo di Napoli

Abbiamo fatto 4 chiacchiere con Francesca Tesauro, Responsabile Educational & Outreach della Fondazione Teatro di San Carlo a Napoli, per scoprire insieme l’Opera, un mondo affascinante ed educativo in grado di appassionare anche i più piccoli!

1) Quando e perché è avvenuta, nel vostro teatro, un’apertura alle scuole? Qual è la risposta degli alunni che vengono a vedere un’Opera lirica a teatro?

L’apertura alle scuole, nella storia recente del Teatro San Carlo, c’è sempre stata. Sotto l’attuale direzione del settore da parte della Dott.ssa Emmanuela Spedaliere, l’Educational del Teatro si è certamente  strutturato in modo molto preciso, ampliando il proprio raggio d’azione ben oltre le rappresentazioni mattutine dedicate alle scolaresche.

C’è stata la precisa volontà di inglobare progetti di avvicinamento all’opera e alla musica per tutte le fasce d’età, secondo obiettivi didattici sviluppati a seconda del target di riferimento.

Questo modo di lavorare ci ha portati enormi soddisfazioni:

il numero di studenti, docenti e appassionati coinvolto nelle attività Educational del Teatro, negli anni, è cresciuto in modo davvero esponenziale

Molti dei nostri progetti didattici sono riconosciuti anche dal Ministero.

2) C’è, da parte vostra, una fase di preparazione alla visione dell’opera, e una post spettacolo, per analizzarla, oppure se ne occupa in maniera indipendente l’insegnante?

Naturalmente dipende dal progetto che si decide di seguire, ma in generale la preparazione all’ascolto e alla visione dello spettacolo è certamente il cuore dell’offerta didattica.

Abbiamo progetti che prevedono in modo specifico appuntamenti finalizzati all’introduzione, alla preparazione alla visione dello spettacolo da parte degli studenti (come, solo per citarne alcuni, All’Opera! All’Opera! LAB, indirizzato ai ragazzi degli Istituti Secondari di Secondo Grado, e  Scuola InCanto, progetto di avvicinamento per bambini dai 4 ai 13 anni).

Abbiamo però la necessità di prevedere anche esperienze che non includono questo genere di “impegno”, in quanto non tutte le scuole possono o vogliono affrontare un percorso più strutturato, preferendo occuparsi della preparazione dei ragazzi in aula, portando poi gli alunni al Teatro San Carlo solo per la fruizione dello spettacolo.  

3) Quali sono le fasce d’età a cui vi rivolgete con questo tipo di offerta? E tra i bambini e gli adolescenti, qual è la fascia che risponde più positivamente a questo tipo di spettacolo? Quali sono gli elementi che attraggono maggiormente la loro attenzione?

Per quanto riguarda i progetti di avvicinamento all’Opera rivolti alle scuole partiamo dall’infanzia, con i bimbi di 3-4 anni, fino ad arrivare alle scuole superiori.

Ci sono molte attività Educational però rivolte anche alle famiglie e agli appassionati, quindi possiamo dire di spaziare dagli 0 (Opera Baby) agli 80 anni (Signore e Signori…all’Opera!).

Sicuramente tra i feedback maggiormente positivi quelli dei bambini dai 3 ai 10 anni

che rispondono alle iniziative pensate per loro sempre con molto entusiasmo, anche perché in un’età nella quale si è enormemente ricettivi rispetto ai concetti che vengono trasmessi loro.

4) Quali sono le attività extra scolastiche che organizzate, riferite sempre ad un target di giovanissimi? (under 18)?

Come anticipavo, ci sono progetti rivolti ai giovanissimi, che spesso coinvolgono anche le famiglie, programmati nei week-end o durante il periodo estivo, come Opera Baby, uno spettacolo sensoriale pensato per i piccolissimi a partire dagli 0 anni di età.

Ma anche Canta con Me…MUS!, laboratorio di canto al nostro Museo e Archivio Storico, e Opera Camp, il Summer Camp del Teatro San Carlo per i giovani dai 6 ai 18 anni.

Ci sono poi delle attività anche in ambito scolastico che si svolgono in orario extra-scolastico come il già citato All’Opera! All’Opera! LAB, che prevede dei percorsi di approfondimento tematici su tre spettacoli, ognuno dei quali preceduto da un incontro di approfondimento in orario pomeridiano, e un momento finale di raccordo e analisi dei tre spettacoli proposti.

Infine, tutte le attività di PCTO che non sono necessariamente legate all’orario scolastico, essendo dei percorsi di avvicinamento al mondo del lavoro.

5) Il Covid ha inevitabilmente segnato una battuta d’arresto a tutta la programmazione. Avete offerto delle alternative alle scuole, in attesa di tornare in presenza?

Il Covid ha inevitabilmente impattato in modo importante sulla programmazione delle attività Educational del Teatro: abbiamo dovuto reinventare e adattare, per quanto possibile, le attività in programma e strutturarne di nuove in linea con le possibilità offerte dai vari Decreti.

Durante il lockdown abbiamo strutturato una serie di contenuti didattici digitali a supporto della DAD che i docenti portavano avanti quotidianamente, con grande soddisfazione degli stessi, che potevano accedere a una sorta di archivio permanente da utilizzare a seconda delle loro esigenze.

E nel nuovo anno scolastico?

Con il nuovo anno scolastico abbiamo proposto agli Istituti un pacchetto di contenuti digitali  – composto da visite guidate digitali in italiano, inglese e francese, spettacoli in streaming e progetti dedicati ai più piccoli come Il mio Elisir at Home e Cosa farai da grande? – utilizzabili sia in classe a supporto dell’attività didattica sia a casa dagli studenti con relative famiglie, attraverso un link personalizzato.

Abbiamo poi proposto i nostri abituali corsi di formazione, come Raccontare la Musica e la Danza, rivolto ai docenti e riconosciuto dal MinisteroAll’Opera! All’Opera! LAB e il nuovissimo Signore e Signori…all’Opera!in modalità FAD/DAD con grande successo.

Come hanno risposto gli studenti?

Sia gli studenti che i docenti, nonostante l’impegno richiesto da oltre un anno di attività a distanza, hanno accolto di buon grado la ripresa delle attività, apprezzando, cosa non affatto scontata, la voglia del Teatro di mantenere vivo e costante il contatto con tutti coloro che seguivano già prima dell’emergenza le nostre attività, e quella di reinventarsi in un momento così complicato per tutte le attività di spettacolo dal vivo.

6) Tra tutte quelle proposte, qual è l’opera che riscontra maggior successo tra i giovanissimi, e perché?

Abitualmente la reazione degli studenti a uno spettacolo dipende molto anche dal lavoro preparatorio che viene svolto a monte.

In generale possiamo però certamente dire che gli spettacoli che appassionano maggiormente i ragazzi sono, per quanto riguarda le opere, i titoli più popolari (come ad esempio La Traviata) e poi in generale il balletto ha sempre un grosso seguito tra i giovanissimi.

7) L’Opera lirica richiede una certa attenzione per essere compresa ed apprezzata, e per questo si tende a far fatica ad immaginare che dei bambini possano invece apprezzarla. Qual è, secondo voi, il segreto del suo successo? 

L’Opera lirica, contrariamente a quanto si possa pensare, ha un grosso potenziale e può avere un grande appeal sui bambini in quanto spesso attinge ad un linguaggio, a storie ed atmosfere che possono facilmente essere reinterpretate attraverso un linguaggio più simile a quello delle fiabe.

Il flauto magico_Ph_Francesco Squeglia
Il flauto magico | ph. Francesco Squeglia

Per poter quindi coinvolgere i bambini e portarli all’interno di questo mondo meraviglioso è fondamentale il lavoro di adattamento che si fa sullo spettacolo e sul materiale didattico proposto alle scolaresche.

È importante stabilire bene i tempi di rappresentazione e coinvolgere i bambini attivamente sia nella rappresentazione della storia, che nei processi didattici che li portano a comprendere i meccanismi del Teatro.

Altra cosa nella quale crediamo molto e che riteniamo fondamentale affinché i bambini si appassionino al mondo dell’Opera, e del Teatro in generale, è il coinvolgimento delle famiglie nel processo didattico:

se la passione per la musica riesce ad entrare in casa e far parte della vita di tutti i giorni dei ragazzi, il processo di avvicinamento al mondo dell’Opera lirica sarà sicuramente più semplice e naturale.

Così, una volta adulti, ci saranno molte più probabilità che scelgano in modo consapevole di acquistare un biglietto per il Teatro.

Per maggiori informazioni riguardo tutte le attività educative del Teatro di San Carlo di Napoli, clicca qui.

In copertina: Opera Camp, ph. Francesco Squeglia

Il kamishibai,”teatro di carta” che incanta e racconta

in Approcci Educativi/Attività di classe by
Scopriamo il kamishibai, letteralmente “teatro di carta”, dove racconto orale e illustrazioni si uniscono armoniosamente

Se ancora non possiamo tornare a viaggiare verso mete lontane, la nostra curiosità non conosce limiti, e stavolta si è spinta fino al Giappone, alla scoperta del kamishibai, il magico “teatro di carta“.

Ne abbiamo parlato con Paola Ciarcià, Presidente dell’AKI (Associazione Kamishibai Italia), docente e formatrice nel settore della pedagogia applicata all’arte e ai beni culturali, e Mauro Speraggi, pedagogista, membro del CIGI (Comitato Italiano del Gioco Infantile) e del comitato scientifico dell’Artoteca di Cavriago (RE).

Cos’è il Kamishibai e qual è la sua origine?

Il kamishibai è una tecnica di narrazione giapponese, che ha avuto la sua massima espressione nel periodo tra le due guerre mondiali, grazie alla combinazione di 3 fattori:

  • la diffusione della bicicletta
  • la crisi economica del 1929
  • l’avvento del cinema sonoro

I primi artisti del kamishibai erano narratori benshi, disciplina che consisteva nel commentare i film muti di allora. Con l’avvento del sonoro migliaia di loro persero il lavoro, e iniziarono l’attività di narrazione in strada.

Si stima che in quel periodo, in tutto il Giappone vi fossero oltre 30.000 kamishibaiya (cantastorie kamishibai)!

Non era raro trovare in un angolo di strada un narratore che, in sella a una bicicletta, con il suo piccolo teatro in legno (butai), richiamasse i bambini battendo tra loro due bastoni di legno. Tutti accorrevano per comprare dolciumi e ascoltare storie, che di solito erano: un racconto buffo, una storia d’amore o una di avventure. Così, tutti i gusti venivano accontentati!

Illustrazione tratta da “L’uomo del kamishibai
Di Allen Say – Edizioni Artebambini
Come funziona il kamishibai?

Il dispositivo si basa sullo scorrimento di singole tavole illustrate, inserite dal narratore all’interno di un piccolo teatro in legno (il butai): attraverso il loro scorrere la storia prende vita.

Il narratore, oltre a gestire il flusso del racconto, commenta le immagini e da’ voce ai personaggi, leggendo il testo riportato sul verso di ogni tavola.

Come ogni buon cantastorie, il narratore cura la drammaturgia della messa in scena, attraverso suoni, rumori ed “effetti speciali”, dando vita a un vero e proprio spettacolo.

Qual è il suo pubblico? È pensato solo per i bambini o anche per gli adulti?

Dal momento che prima di iniziare la narrazione, il cantastorie vendeva caramelle o proponeva giochi e canzoncine, il pubblico è storicamente quello dei bambini e dei ragazzi.

Non esclude però gli adulti; anzi, avendo molte parentele con i cantastorie c’è anche un repertorio per gli adulti o quantomeno per le famiglie. 

Oggi noi portiamo le storie kamishibai nelle biblioteche, nelle scuole, ma anche nei quartieri e nelle piazze. La tecnica rimane sempre quella di una performance basata sul racconto e sulla stretta simbiosi con le immagini.

Quali sono le sue funzioni pedagogiche?

Il kamishibai è innanzitutto una forma di spettacolo, quindi si condivide la storia con altri. Ha in sé il rito dell’attesa di “inizio spettacolo”, concentra l’attenzione e la focalizza sulla potenza della storia letta a voce alta, e sulle grandi illustrazioni. 

Potremmo dire che è la dimensione collettiva del racconto.

Nella sua apparente semplicità, è un congegno narrativo assai complesso: recupera la dimensione originaria della narrazione orale popolare, e si collega all’invenzione del libro, dal momento che il cantastorie sfoglia pagine e mostra immagini.

Il kamishibai è uno strumento prezioso dal punto di vista educativo: è l’anello di congiunzione fra il gioco simbolico e l’albo illustrato.

A scuola e in un museo diventa un mezzo per trasformare una lezione in storia narrata: è uno straordinario facilitatore per un apprendimento complesso e  accattivante.

Il kamishibai segue un copione preciso o è anche frutto dell’improvvisazione del narratore? Ci sono momenti di interazione con il pubblico?

Le tavole illustrate raccontano ognuna una sequenza di una storia definita in precedenza.

La parte della tavola rivolta verso il pubblico è interamente illustrata, mentre nel retro c’è il testo, e una piccola immagine che riproduce l’illustrazione della tavola che si sta leggendo.

Il kamishibai predilige storie semplici, di forte impatto narrativo in cui sia facilmente riconoscibile la struttura della storia e si rispetti la triade narrativa inizio/svolgimento/fine.

Prima di raccontare una storia, il narratore deve:

  • leggere con attenzione il testo
  • cogliere nelle illustrazioni gli aspetti significativi
  • esercitarsi nello scorrimento delle tavole: farlo davanti ad uno specchio aiuta a gestire armoniosamente i passaggi
Quali possono essere gli insegnamenti di questa arte?

È un’esperienza estetica a tutto tondo, perché coinvolge tutti i sensi oltre ad essere uno strumento di cittadinanza attiva e partecipata, se la lettura avviene in luoghi pubblici. Inoltre:

  • Rimette al centro il racconto ad alta voce
  • Dà dignità al mondo delle figure
  • Ripristina un legame stretto tra narratore/trice e pubblico
  • Potenzia la dimensione dell’ascolto, dell’attesa, dell’attenzione
L’AKI (Associazione Kamishibai Italia), da quale spinta/esigenza è nata, e perché?

Alla Fiera Internazionale del Libro di Bologna del 2000, in cui eravamo presenti con Artebambini, siamo stati incuriositi da una strana valigetta di legno di uno stand del Giappone, in mezzo a libri e grandi tavole illustrate.

La storia di questo antico strumento di lettura, che seduceva per la sua stretta parentela con il teatro, ci ha spinti a credere che poteva essere lo strumento ideale da portare nelle classi, nelle biblioteche, negli incontri con i genitori.

Il libro, l’albo illustrato, la lettura ad alta voce: era come se avessero trovato un’altra dimensione!

Da quell’incontro sono passati diversi anni di sperimentazioni, letture, corsi di formazione, storie prodotte. Ma le emozioni che è in grado di suscitare questo antico strumento non si sono per niente scalfite!

Finché si leggeranno e ascolteranno storie kamishibai, si rinnoverà l’incanto, la meraviglia e lo stupore propri dei racconti e della narrazione che risalgono all’alba dell’umanità.

Paola Ciarcià con i bambini

Per questo motivo da qualche anno è nata a Bologna l’AKI – Associazione Kamishibai Italia, che è socia dell’Associazione Internazionale dei Kamishibai, con sede in Giappone. Per tutelare, diffondere e fare ricerca su questo strumento culturale ed educativo.

Ogni anno promuove il World Kamishibai Day, che si celebra il 7 dicembre, giorno in cui i giapponesi attaccarono la Marina degli Stati Uniti a Honolulu, nel 1941.

Per questo l’Associazione Internazionale Kamishibai del Giappone lo ha scelto: perché diventi una ricorrenza di pace, e il kamishibai uno strumento di pace.

Quale miglior antidoto alla paura, ai conflitti, alle guerre, se non quello che ci viene dalle storie narrate con il kamishibai, portatore di gioia e colori?

Fare e vedere teatro a scuola: ecco perché è necessario

in Approcci Educativi/Attività di classe by
Dire, fare, vedere teatro: la perfetta armonia tra razionalità e creatività tra i banchi di scuola.

Sicuramente anche tu, nel tuo lungo percorso scolastico, ti sei avvicinato/a almeno una volta al fare e vedere teatro. Chi non ricorda, infatti, di aver preso parte ad una recita di fine anno, seppur nei panni del cespuglio immobile in 3° fila (comunque con una sua utilità ai fini della storia)?

Fare teatro è un’esperienza che coinvolge, fa riflettere, emoziona, avvicina agli altri; che siano le emozioni dei compagni sul palco, o l’empatico sentire del pubblico in ascolto.

Il medesimo turbinio di emozioni – dallo spegnersi delle luci in sala e il dissolversi del brusio, fino agli applausi finali – lo vive anche chi ne è spettatore.

Nella nostra società, in cui si moltiplicano le piattaforme social, è ancora uno strumento valido il teatro a scuola?

Oggi più che mai, con alunni che – figli dell’era Hi-Tech – mangiano pane e video Tik Tok, il teatro rappresenta uno strumento valido ed efficace. Contrasta infatti la loro grande incapacità di mantenere l’attenzione e la concentrazione, arricchisce le capacità creative e comunicative, migliora il lavoro di gruppo. Anzi, lo costruisce e fortifica, il gruppo.

Un gruppo da cui nessuno è escluso: al suo interno non esiste un qualcosa che non si sa o che non si riesce a fare, e le caratteristiche di ognuno/a trovano qui la propria dimensione.

Se ci fermiamo un attimo a pensare, il fare teatro appartiene all’istinto di ogni bambino/a che, in gruppo o da solo/a, si diverte giocando a “fare finta che”.

Facciamo finta che io sono una principessa e tu sei un principe, e voliamo con i nostri unicorni sopra l’arcobaleno, fino ad arrivare a toccare il sole?

Due personaggi, una storia, tanta fantasia: il teatro è servito.

Dunque l’attività teatrale è puro estro ed emozione?

Sicuramente è un  ottimo mezzo per il recupero della propria affettività, della propria immaginazione e creatività; non è però da intendersi solo su un piano puramente irrazionale.

L’attività teatrale è infatti anche costruzione, processo cognitivo, tecnica. Dunque, pura razionalità.

All’interno del programma didattico, l’attività teatrale – diversa dalla teatralizzazione – si pone come un lavoro trasversale. Ben impostata, si interseca con l’educazione linguistica e psicomotoria dell’immagine, del suono, della musica, ma anche con la storia, la geografia e – incredibile! –  persino con la matematica.

Come una qualsiasi materia scolastica, anche l’attività teatrale deve essere:

  • programmata annualmente
  • diluita nell’arco dell’anno
  • seguita da un operatore teatrale esterno, affiancato dal docente disposto a “mettersi in gioco”, con preferibilmente alle spalle corsi/laboratori di teatro

È bene ricordare di non separare le 2 componenti dell’attività teatrale: il fare e vedere teatro si prendono a braccetto e si rafforzano vicendevolmente, andando ad integrare con perfetta armonia quegli aspetti di razionalità e creatività spesso tenuti separati nella scuola.

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