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Il rientro a scuola visto con gli occhi della prof!

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Settembre, tempo di suono della campanella e di rientro a scuola. Vediamolo da un punto di vista inconsueto: quello del docente!

Settembre è tornato e, insieme alle giornate che si accorciano e alle temperature che si fanno più sopportabili, inevitabile è anche il ritorno a scuola.

Ma come lo vivono il suono della campanella gli insegnanti? Sono emozionati anche loro come lo sono gli studenti? La risposta è sì!

Settembre per gli insegnanti rappresenta sempre un nuovo inizio, il preludio di un’avventura ogni volta unica e diversa. Ma anche nei mesi precedenti, quelli roventi di luglio e agosto, il pensiero alla scuola e agli studenti non viene mai meno del tutto.

Come docente di lettere di scuola secondaria di primo grado, dedicare parte delle giornate estive alle letture e alle occasioni di aggiornamento professionale lo considero un vero e proprio toccasana.

Difficile da credere? Non dovrebbe, semplicemente perché è la verità!

Tra riposo estivo e stimoli sempre nuovi

L’estate, con i suoi tempi più distesi, permette di dedicarsi a letture che richiedono riflessioni ponderate e costruttive che i ritmi di lavori tenuti nel corso dell’anno scolastico non riescono a garantire.

Quest’anno, ad esempio, ho letto libri di didattica e ascoltato webinar/podcast a bordo piscina, decidendo, in totale libertà, tematiche congeniali e tempi da riservare alla connessione. Salvaguardare il riposo è sacrosanto, ma alternare il diritto alla disconnessione con la riflessione consapevole sulle specificità e sulle potenzialità della nostra professione lo ritengo ottimale.

L’estate serve sicuramente per recuperare energie, ma perché non considerarla anche un’occasione per approcciarsi a stimoli innovativi che forniranno carica e motivazione al rientro a scuola?

I libri, compagni fidati…

Accanto a crema solare e telo da mare non sono mai mancati i libri. Libri su metodologie didattiche, ma anche “libri per ragazzi”, classificabili nella cosiddetta letteratura young-adult, e le sempre interessanti riletture tratte dal repertorio dei classici. A fronte di ogni lettura, in vista del sempre più imminente rientro a scuola, spesso riflettevo tra me e me in questi termini:

  • Questo libro piacerà sicuramente a Cassandra, ambientato com’è tra natura ed equitazione.
  • Il protagonista di questa storia non potrà non piacere a  Samuele! Gliene parlerò.
  • Questo non può certo mancare nella biblioteca di classe! Ne usciranno riflessioni interessanti.
  • Questo potrebbe essere letto ad alta voce. Ci progetterò su un percorso.
  • Bello ma troppo complesso. Lettura interessante per me, ma meglio proporre altro ai ragazzi.
  • Queste pagine, riempite di post-it, le leggerò in classe e ci lavoreremo su. Vediamo cosa ne uscirà.

Spesso ho letto solo per me, senza pensare ad aula e studenti. Però l’ottica su ciò che leggo e su ciò che può essere proposto in classe al mio rientro a scuola, per me è ormai una costante. Mi ci sono rassegnata, pe fortuna, con estremo piacere. Così come si son tutti rassegnati in famiglia a fare tappa obbligata in libreria qualsiasi sia la meta di vacanza prescelta. Borghi medievali, località costiere o montane, poco importa: importante è avere il tempo per curiosare tra gli scaffali di una libreria. E, di nuovo, andare con il pensiero agli studenti, già conosciuti o da conoscere a settembre, sarà inevitabile.

Ma anche film, video, riviste, quotidiani!

Quando assisto a un bel film oppure osservo un cortometraggio o un video su Youtube, quasi in automatico scattano connessioni con possibili argomenti da trattare in aula al rientro a scuola. E allora eccomi ad annotare titoli e siti web su cellulare, su blocchi appunti improvvisati, su tablet, pc.

Anche le riviste possono rivelarsi ottime fonti di ispirazione: le informazioni riguardano tematiche di attualità e il linguaggio è alla portata di tutti: elementi non certo trascurabili. Ulteriore particolare interessante: immagini, foto e pubblicità al loro interno possono rivelarsi spunti di discussione incredibili.

E allora via di forbici e cartelline di archiviazione per ritagli cartacei da rispolverare in cattedra a settembre. Per non parlare di articoli di giornale degni di nota sui quali pianificare discussioni di attualità da proporre fin dai primissimi giorni di scuola.

Stesso principio: guardo film per me, sfoglio riviste e quotidiani per mio interesse personale, ma l’ottica a ciò che può essere riproposto in classe è sempre in agguato.

E poi arriva settembre!

Superato Ferragosto, il docente mentalmente è già in classe. A settembre, fin dai primissimi giorni e indipendentemente dal calendario di inizio lezioni, il docente è in classe anche fisicamente.

Iniziano le riunioni, i collegi, i consigli di classe, si seguono i primi incontri di formazione, si partecipa alle iniziative di scuola aperta e si fa tanto altro ancora.

Ma ciò che davvero ci infonde entusiasmo, arrivando a darci il batticuore, è il momento in cui apriremo la porta dell’aula e torneremo a guardare in faccia i nostri studenti. Curiosi di vedere quanto siano cresciuti, se li conosciamo già, o emozionati di vederli per la prima volta, se non li conosciamo affatto.

Sappiamo che i primi istanti del nostro incontro saranno cruciali e dobbiamo giocarceli bene: i ragazzi ci osserveranno minuziosamente, capteranno all’istante le emozioni che stiamo provando, esamineranno la nostra forma fisica, l’abbronzatura, i capi d’abbigliamento, il taglio di capelli.

Tutto questo trovo che sia emozionante, certo, ma anche molto divertente! Noi docenti siamo stati dall’altra parte della barricata un tempo e non ci comportavamo forse allo stesso modo? Importante è esserne consapevoli e vivere il momento dell’incontro con la giusta dose di emozione, senza scadere nel pessimismo o, peggio ancora, nell’irritazione.

I ragazzi hanno le antenne – si dice in gergo – e percepiscono perfettamente il nostro stato: se stiamo volentieri con loro, semplicemente lo sentono (e lo apprezzano). E proprio come i nostri studenti a settembre si preoccupano di ultimare i compiti delle vacanze e di acquistare i primi materiali utili, così anche noi docenti iniziamo a predisporre i nostri materiali di lavoro.

Partire con brio vuol dire procurarsi cancelleria, blocchi appunti e agende colorate. Vuol dire appuntare con cura la progettazione delle prime ore di lezione, pur sapendo che sarà soggetta a svariate modifiche e adattamenti continui. Ed è quasi incredibile che questa sorta di ritualità mantenga ogni anno il suo fascino immutato!

L’inizio di una nuova avventura

Percepire l’adrenalina ad ogni inizio d’anno vuol dire porsi nell’atteggiamento giusto per affrontare una nuova avventura e tutte le incognite che ad essa inevitabilmente si collegheranno.

Una nuova avventura che sarà occasione di crescita non solo per i nostri studenti, ma anche per noi stessi. Anzi, soprattutto per noi stessi, perché dai nostri studenti abbiamo sempre tanto da imparare. Ed è bello camminare insieme.

Buon anno scolastico a tutti!

Foto copertina by Seema Miah on Unsplash

Giornata mondiale dell’insegnante: 6 parole per il prossimo decennio

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In occasione della Giornata mondiale dell’insegnante, indetta dall’UNESCO per il 5 ottobre, abbiamo raccolto 6 parole-chiave da docenti di diverso ordine e grado

Pensata e voluta dall’UNESCO nel 1994, la Giornata mondiale dell’insegnante promuove la cultura e l’educazione in tutto il mondo per raccontare una professione che riveste un ruolo così delicato e fondamentale in tutte le società.

Istituita per ricordare la sottoscrizione delle “Raccomandazioni sullo status di insegnante” del 1966, documento di riferimento per i diritti e le responsabilità dei docenti a livello mondiale, è l’occasione per riflettere sulle condizioni, non sempre facili, in cui gli insegnanti spesso devono svolgere il proprio lavoro.

Un ruolo, quello dell’insegnante, che negli ultimi anni è divenuto sempre più centrale grazie anche all’obiettivo 4 dell’Agenda 2030 sottoscritta dalle Nazioni Unite, “Istruzione di qualità”: l’obiettivo indica proprio negli insegnanti quei soggetti fondamentali per attuare, a livello mondiale, un’educazione di qualità, equa e inclusiva per tutti.

Quest’anno più che mai ci sembra importante celebrare questa ricorrenza dando voce proprio agli insegnanti. Abbiamo parlato con tre docenti di diverso ordine e grado, chiedendo loro due parole ciascuno che possano guidare la scuola attraverso le sfide del prossimo decennio.

Carla Caiafa, della scuola primaria, ha raccontato le parole autorevolezza e fiducia.

Autorevolezza: è fondamentale per il presente e per il futuro ripristinare e affermare il ruolo autorevole che gli insegnanti rivestono di fronte alle famiglie e nella società. Essere docenti significa saper trasmettere il sapere, saper educare e valorizzare i propri alunni. Insomma, è un mestiere molto difficile, che può svolgere solo chi ha fatto un percorso di studi ben preciso. Queste figure professionalmente competenti e preparate, quindi, meritano il riconoscimento e il rispetto molto spesso dimenticati.

Fiducia: in particolare per la scuola primaria, è fondamentale stabilire un rapporto di fiducia e di stima reciproca con le famiglie e soprattutto con i bambini, mantenendo molto chiaro e fermo il ruolo che ognuno riveste. Le famiglie devono potersi fidare del lavoro e della figura dell’insegnante a cui “affidano” i propri figli per molte ore al giorno; i bambini devono essere accolti in un clima di serenità che stimola l’apprendimento e la relazione sociale. La figura del docente deve valorizzare le singole individualità, stabilire poche ma essenziali regole e promuovere l’entusiasmo per lo studio cercando strategie varie che “aggancino” l’interesse e la motivazione degli scolari. Bisogna, inoltre, stare sempre molto attenti a rispettare i tempi e le modalità di apprendimento individuali, poiché ogni studente ha una maturazione intellettiva e conoscitiva diversa.

Valerio Camporesi, della scuola secondaria di I grado, ci ha portato le parole individuo e libertà.

Individuo: Nella società di oggi, ”di massa”, essere individui è forse la cosa più difficile. Il continuo afflusso di messaggi e di richiami veicolati dai media tende inevitabilmente a uniformare le coscienze e i comportamenti degli individui, ridotti sempre più a ‘persone’ nel senso latino di ‘maschere’, funzionali e assoggettate a un pensiero unico che non lascia molti spazi di libertà. Questo processo di omologazione in cui siamo immersi – già descritto nel lontano 1919 da Herman Hesse nel suo memorabile incipit di Demian – non poteva non toccare anche gli insegnanti, sempre più costretti ad adeguarsi in modo più o meno conscio a parole, stilemi, modelli imposti dall’alto. Un esempio è quel vocabolario caratterizzato da un lessico quasi imposto ai docenti da ormai troppo tempo, fatto di parole tutte uguali, ripetute, che è riuscito a svuotare di ogni significato vocaboli di per sé nobili come “empatia” e “resilienza”; svuotate perché divenute standard e non il prodotto di un moto individuale. Si pensi anche al dominio culturale del pensiero unico a livello economico, che è riuscito a imporre nella valutazione dell’esame di Stato lo spirito di imprenditorialità, come se un alunno di terza media potesse avere qualcosa a che fare con una simile categoria. Perché un insegnante non può opporsi a una tale aberrazione? E si pensi anche ai modelli imperanti stile Attimo fuggente, sempre estroverso, attoriale in senso quasi clownesco, tanto giovane da dialogare con gli alunni attraverso i mezzi propri dell’uniformazione. È ancora ammesso essere insegnanti diversi, magari vecchio stile, poco o per nulla alla moda? Se anche nel mondo della scuola spingiamo sul pedale dell’uniformazione non potremo avere che un mondo sempre più massificato, fatto di ‘maschere’ incapaci di pensare con la propria testa. Se gli insegnanti sono costretti all’omologazione, molto probabilmente lo saranno anche i loro allievi e la scuola perderà la propria funzione primaria, quella di e-ducere, trarre fuori da ognuno la propria individualità e manifestare il proprio essere un tentativo prezioso e davvero unico.

Libertà: parola strettamente connessa alla prima, e dai significati quanto mai complessi, anche in riferimento al lavoro dell’insegnante. Non c’è traccia, nei nostri paesi avanzati, di quella mancanza di libertà di insegnamento di cui parla il documento dell’Unesco: mancanza terribile, difficile anche solo da immaginare per noi occidentali, e che purtroppo caratterizza le aree più emarginate e sfortunate del globo. Ma nei ‘nostri’ paesi c’è, o rischia di esserci, una mancanza di libertà più sottile, quella che, in base alla malaugurata introduzione del concetto di competitività anche tra le scuole, sempre più in gara ad accaparrarsi iscritti, spinge i dirigenti a premere sui docenti affinché si allineino a determinati parametri, a determinati modi di insegnare e di valutare, più accattivanti verso gli utenti (perché adesso si chiamano così). Le forme di pressione sono state e possono essere le più varie, dalla valutazione agli stili di insegnamento, tali comunque da rischiare di condizionare quella libertà di docenza cui tanto spesso ci si riferisce e di cui parla – e bene – anche la nostra Costituzione. Per valorizzare appieno il ruolo ed il lavoro degli insegnanti occorrerebbe riflettere su come la competizione – questa parola cardine del pensiero unico attuale – possa forse andar bene quando parliamo di gelati o di cellulari ma non di istruzione, un mondo che dovrebbe essere lasciato libero – per l’appunto – da ogni forma di condizionamento affinché possa veramente assolvere alla propria funzione, a quell’educere di cui parlavamo prima.

Francesca Maggi, della scuola secondaria di II grado, ci ha portato le parole ascolto e conoscenze.

Ascolto: è imprescindibile per progettare una scuola rinnovata in grado di reggere la sfida del presente e del futuro; questo del resto si rivela sempre più difficile da prevedere, data la velocità dei cambiamenti che siamo chiamati ad affrontare. Bisogna intanto ascoltare gli studenti: si tratterà, sì, di comprenderne umori ed esternazioni, dunque richieste, ma oggi l’insegnante medio si impegna, fortunatamente, a farlo; ma anche di ascoltare gli stessi docenti, soggetti fondamentali della pratica educativa, perché sanno cogliere i bisogni nei ragazzi e possono riconoscerne le carenze, aiutandoli a non rimanere intrappolati nell’inganno della Rete, che facilmente crea l’illusione di possedere conoscenze, competenze a capacità. Solo premendo un pulsante puoi visualizzare molteplici dati, ma ciò può anche non derivare da un tuo “merito” specifico. La scuola del futuro non dovrà perciò rinunciare ad ascoltare i docenti, perché quello che loro percepiscono, con la passione e l’impegno quotidiani, è qualcosa che i burocrati non sono in grado di cogliere, perché distanti dalle realtà singole e specifiche. Noi docenti abbiamo sempre più netta la percezione di una distanza tra il palazzo e la piazza, di una nebbia (Guicciardini, Ricordi) che deve essere rapidamente diradata.

Conoscenze: credo che la questione della “didattica per competenze” ci sia sfuggita di mano. Gli slogan, utilizzati prima per “risvegliare” le coscienze, possono diventare parole vuote. Non si devono abbandonare le competenze come obiettivi (il loro esplicito riconoscimento è stato un necessario cambiamento rispetto alla scuola del passato). Ma nel tentativo improvvido di sostituire le conoscenze con le competenze, la scuola si è spogliata del suo compito: educare gli studenti a formarsi un bagaglio perenne di conoscenze, da ampliare poi autonomamente grazie alle competenze acquisite. Le conoscenze che davvero possono dirsi tali sono quelle che restano, punto di riferimento duraturo e in fondo i giovani le chiedono, perché solo dall’unione di conoscenze e competenze si crea una sicurezza. Viviamo in un “mondo liquido”, fatto di globalizzazione e digitalizzazione, che possono illudere che non ci si debba più affannare a studiare, ma il punto è un altro. Non si tratta allora di intraprendere una battaglia contro il digitale (comunque strumento di miglioramento e velocizzazione delle operazioni), ma di far emergere la necessità anche di conoscenze apprese con l’impegno costante: perché “non fa scienza, sanza lo ritener, l’aver inteso“.

In copertina: Giulia Orecchia per Librì “Una classe di tutto rispetto”.

Costruiamo insieme un Progetto Lettura – Parte 3

in Attività di classe/Letture in classe by
Lettura esterno
Paola Zannoner ci aiuta a capire come grazie alla figura dell’insegnante lettore si possano spingere i ragazzi ad avvicinarsi alla lettura 

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