27 gennaio

Il giorno della memoria: un approccio WRW

in Approcci Educativi/Attività di classe by
Sabina Minuto e il metodo WRW: ricordare in classe il giorno della memoria, costruendo insieme ai ragazzi strumenti di pensiero.

Il 27 gennaio, il giorno della memoria, è arrivato. Non l’ho mai considerato una ricorrenza. Qualcosa da celebrare in classe, anzi. Nemmeno per nobili fini, che tuttavia comprendo. Troppe volte tutto è finito in retorica e la ricaduta didattica è stata zero. Da alcuni anni poi ho come percepito la sensazione che stiamo sbagliando. Stiamo sbagliando tutto.

Altrimenti non si spiega come a distanza di anni da quando è stata istituita questa ricorrenza in Italia, in realtà, le ragioni profonde che dovrebbero farci inorridire di fronte a fenomeni simili non sono diventate patrimonio comune. Lo dimostrano ogni giorno fatti di cronaca noti o meno noti.

Una mia cara collega mi raccontava tempo addietro di come un suo alunno lo scorso anno abbia dimostrato insofferenza verso la visione dell’ennesimo film sui campi di sterminio. Ha detto che non ne poteva più di vedere e sentire ogni anno le stesse cose.

Ecco, questo per me è un segnale che i docenti dovrebbero cogliere.

Si rischia di ottenere con narrazioni ripetute e poco meditate questo effetto. Non è certo colpa dello studente. È colpa credo di come in questi anni abbiamo lavorato (forse male) su questo argomento.

In questa settimana di gennaio, in tutte le mie tre classi faremo un’immersione” in stile WRW. Unendo lettura e scrittura, italiano e storia, comprensione del testo e strategie argomentative.

Ecco alcune delle attività da fare in classe per il giorno della memoria
  • Lettura dei testi con cui alcuni miei alunni hanno vinto un concorso tre anni fa, usando come testo mentore anche l’albo illustrato “L’albero di Anne”. Si tratta di testi semplici ma incisivi. Storie di donne nei campi di sterminio e storie di oggetti di Anna Frank. Ci avvicineremo così all’argomento.
  • Lettura dell’albo illustrato “La storia di Erika” dove è evidente (anche nelle tavole) la dicotomia vita/morte.
  • Schema a Y e molte domande.
  • Nessun film quest’anno. Non ne posso più. Nemmeno foto dei campi. Se ne vedono troppe già in giro. L’abuso non aiuta. Invece filmato originale del processo Eichmann. Senza troppe parole di introduzione. Userò la routine suggerita dal testo Making thinking visible che sto studiando da un po’, STW: cioè guarda/pensa/fai domande o supposizioni in modo da rendere il pensiero degli studenti visibile e scritto su carta per step successivi.
  • Consegna di qualche estratto originale dal testo di Hannah Arendt “La banalità del male” e lavoro con la routine del sottolineare le tre frasi che: ti stupiscono, ti ricordano, ti fanno venire in mente una domanda.
  • Quick write su una frase scelta da quel testo.
  • Letture (brevi e scelte sul momento a seconda dell’umore della classe) dal libro della Segre e dal libro di Primo Levi “I sommersi e i salvati”.
  • Infine share time strutturato, dal titolo “La linea di confine”, ovvero: da che parte stiamo? Dove sta il male? Come è potuto succedere tutto ciò? (che nelle terze ci sta a pennello perché sto lavorando sul concetto di frontiera dall’inizio dell’anno). In quinta sarà esercizio di scrittura (3 paragrafi) per l’esame.

Sono pronta a imbattermi anche in affermazioni spiacevoli o immotivate, tipiche dei ragazzi che non sanno accettare sfumature o non conoscono a sufficienza cosa successe o hanno visto solo e sempre “La vita è bella” e “Il bambino con il pigiama a righe”. Bei film (a me non sono piaciuti ma non vuol dire) che però non costruiscono pensiero o almeno non bastano a costruirlo.

Io credo che dobbiamo alzare un po’ l’asticella e chiedere di più ai ragazzi. Credo che occorra farli pensare. E per farli pensare occorre costruire strumenti di pensiero.

So già quale sarà la connessione iniziale della mia ML sul processo Eichmann:

“L’11 aprile 1961 fu per il mondo una data storica. Non perché sono nata io, ma perché iniziò in Israele un processo che avrebbe cambiato per sempre la storia della Shoah e degli ebrei dello stato di Israele e del mondo”.

E poi via a leggere e a collegare lettura e scrittura. Perché, come sostengono anche studi recenti, scrivere da ciò che si legge o di ciò che si legge aiuta la comprensione. E noi, credo, proprio di comprendere abbiamo bisogno. O di rassegnarsi alla non comprensione come frutto però di un lavoro collettivo alla ricerca del significato condiviso in una comunità di persone che leggono e scrivono insieme.

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