Valerio Camporesi promuove i manuali di storia attualmente in uso, ma pone anche dubbi, questioni, puntualizzazioni e fornisce alcuni suggerimenti per uno studio più efficace.
Esprimere un giudizio sui manuali di storia in uso alle scuole medie (da qualche anno Secondaria di primo grado) mette in conto un elevato grado di sindacabilità: ci muoviamo su un terreno fatto di valutazioni per lo più soggettive in un campo, gli studi storici, di per sé già fortemente permeato dalla soggettività, tanto da far scaturire non di rado aspre polemiche anche in sede di dibattito politico (manuali accusati di essere faziosi, revisonisti e quant’altro). Si aggiunga a ciò il limite di una valutazione che, vista la quantità di testi in uso, non potrà che essere estremamente parziale. Nonostante questo, la mia esperienza quasi ventennale di insegnante di scuola media (preferisco chiamarla ancora così) mi spinge a proporre almeno un tentativo di valutazione.
è un terreno fatto di valutazioni per lo più soggettive in un campo, gli studi storici, di per sé già fortemente permeato dalla soggettività
Sarebbe facile, e forse divertente, esordire con la narrazione di alcuni strafalcioni che pure si riscontrano ancor oggi sui libri di testo; ne citerò solo uno che – chissà perché – mi è rimasto particolarmente impresso: la Polonia fatta comparire su una cartina geografica dell’Europa ante Prima Guerra mondiale in uno dei più diffusi volumi di alcuni anni or sono, apparizione quanto mai incongrua per un importante paese europeo (ri)nato solo nel 1918 con la fine della Guerra mondiale. Di errori e imprecisioni se ne trovano ma questo appare, in definitiva, un problema minore, risolvibile con un buon team di revisori.
Voglio sottolineare che, a mio parere, la qualità dei manuali è migliorata, laddove per miglioramento si intenda soprattutto l’aver almeno cercato di affrontare il grande problema dello studio della Storia a scuola: l’astrazione. Carte geografiche (debitamente e, si spera, non maldestramente compilate), rinvio a domande di comprensione, contestualizzazione del fatto storico in ambito sociale, rimandi al confronto dell’evento storico con l‘età attuale, sono elementi che favoriscono (o dovrebbero favorire) la sottrazione del malcapitato alunno alla noiosa e vuota astrazione: per fare un esempio, studiare i Comuni del Medioevo in riferimento alla loro attualità di oggi può aiutare il processo di identificazione con l’argomento trattato e rendere meno astratte “le morti stagioni”.
sottrazione del malcapitato alunno alla noiosa e vuota astrazione
In merito alle fonti dirette osservo che, in generale, sono utilizzate ancora troppo poco: sul mio vecchio manuale di scuola media (non dico di quanti anni fa) erano assai di più! Eppure, quanto sarebbero utili per favorire quella concretizzazione, quel rapporto più ‘diretto’ con la conoscenza del passato. I limiti stanno, a mio modesto avviso, anche e soprattutto in altri aspetti. La concezione eurocentrica della Storia, ad esempio, andrebbe forse superata e non in omaggio alla tanto celebrata globalizzazione quanto piuttosto all’apertura mentale di quelli che vorremmo fossero, un giorno, i cittadini del mondo: interi popoli e continenti sono relegati ancora ai margini dei capitoli, nonostante nel corso della Storia abbiano rivestito un’importanza ben maggiore dell’Europa (si pensi alla Cina, per lunghi secoli più sviluppata e ricca, in tutti i sensi, del Vecchio continente).
le fonti dirette sono utilizzate ancora troppo poco
Inoltre non sempre i nessi di causa-effetto risultano chiaramente documentati: pare incredibile ma nel libro di testo da me attualmente in uso non si fa cenno al rapporto che intercorre tra la Grande crisi del ’29 e l’ascesa al potere del Nazionalsocialismo in Germania (e di questi esempi se ne potrebbero fare diversi)! Esiste un altro aspetto, più sottile, che a me appare oltremodo carente: ma qui entriamo, per l’appunto, su un piano di maggiore soggettività, quasi – verrebbe da dire – di dibattito storiografico. La Storia come si legge sui manuali è ancora incentrata quasi esclusivamente sui fatti materiali, prescindendo da quella miriade di aspetti altri che pure la compongono: la cultura, le mentalità, le rappresentazioni del reale che non sono uniche ma necessariamente plurime, filtrate da status sociale e convinzioni: com’era la guerra dal punto vista da un soldato tedesco, per esempio? Chi sa che dal suo punto di vista stava combattendo una guerra difensiva e non offensiva? Più ancora: può la Storia dei manuali non accennare nemmeno ai fatti (li chiamo non a caso tali) spirituali, alla presenza – per esempio – di un inconscio collettivo che spesso determina indirizzi ed eventi storici? Sempre sul tema di prima: come è possibile spiegare l’ascesa di Hitler senza far riferimento al suo grado di rappresentatività di uno spirito tedesco?
le ore attualmente dedicate sono davvero poche
Sono problemi e questioni che, forse, complicano il quadro piuttosto che fornire una risposta. Un dato, però, appare certo: le ore attualmente dedicate all’insegnamento (2) sono davvero poche ed è forse questo uno dei punti da cui ripartire: non ci vorrebbe nemmeno molto, del resto, basterebbe tornare al monte orario di 11 ore per la cattedra di Lettere, monte ore inopinatamente ridotto (prima a 9 e, da qualche anno, a 10) da riforme che riforme non erano ma solo operazioni di bilancio.