cattedra mista

Scuola: il nodo irrisolto della cattedra mista

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Paolo Fasce, professore di matematica applicata e informatica, analizza una rigidità apparentemente ineliminabile della scuola italiana

Esiste una rigidità molto significativa nella scuola secondaria che è legata alle “classi di concorso“. È una rigidità apparentemente ineliminabile, un(‘)insegnante di latino non può insegnare anche elettronica. Eppure ci sono esempi in Europa dove le materie insegnate da una persona sono molto diverse proprio perché questa professione è pensata e progettata a monte, già nella selezione per la formazione iniziale degli insegnanti che vengono individuati all’università. Un po’ come per medicina. Una volta che uno è laureato, sceglie la specializzazione, ma se queste sono sature, si adatta. Ed ecco che dopo un triennio di “laurea generica” si possono formare insegnanti di “elettronica e geografia” o altre coppie bizzarre similari.

Nella nostra scuola di “cattedre miste” ne esistono già due. Si tratta di “Matematica e Scienze” nella scuola secondaria di primo grado e di “Matematica e Fisica” in quella di secondo. Poi esiste il fenomeno delle abilitazioni plurime. Ad esempio io lo sono in matematica applicata e informatica (nota: uso nomenclature vecchie, ma ben note a tutti). Personalmente sostengo anche l’esigenza della cattedra mista “Matematica e Tecnologie” nelle scuole medie per compensare la mancanza di personale in questo segmento, in particolare in matematica, consentendo quindi di attingere non solo alle lauree “biologiche” ma anche a quelle “tecniche”.

Esiste una proposta, quella della cattedra mista “materia+sostegno” che ha lo scopo di recuperare risorse latenti tra gli insegnanti di ruolo passati ad insegnare la propria materia, ma specializzati sul sostegno. Io non credo a Babbo Natale e quindi ritengo che una cattedra del genere, per essere concretata e diffusa sul territorio, oggi resa materialmente possibile dal D.Lgs.66/2017, dovrebbe essere incentivata e l’unico modo che mi pare sensato sia quello delle ore eccedenti. In questo modo, distribuendo i casi tra gli insegnanti di ruolo, si eviterebbero situazioni imbarazzanti di insegnanti senza specializzazione pescati da graduatorie senza garanzia di professionalità e ci si troverebbe a recuperare risorse preziose presenti e inutilizzate a scuola: la professionalità e l’esperienza.

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