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Mappe concettuali: le stiamo usando o ne stiamo abusando?

in Bisogni Educativi Speciali by
Le mappe concettuali dovrebbero essere l’ultimo atto legato all’elaborazione di un testo e al suo studio. Ma il condizionale è d’obbligo, spiega Michela Vandelli, tutor ed esperta nei processi di apprendimento

Le mappe concettuali sono tra gli strumenti di studio eletti ad affiancare una qualsiasi difficoltà: si trovano nei Pdp e vengono considerate indispensabili a qualsiasi età e per ogni studente. Sembra quasi che oggi siano diventate una moda. Io stessa utilizzo le mappe concettuali e anche mentali. Insegno ai miei bambini a costruirsele, perché ritengo quanto meno necessario che siano gli stessi fruitori dello strumento a doverlo trovare utile e funzionale e a usarlo. Detto questo ritengo che l’uso delle mappe stesse subisca a volte storture che le rendono improprie e inapproppriate. Vedo di spiegare perché.

Come vengono utilizzate le mappe concettuali?

La prima questione è il come vengono utilizzate oggi le mappe concettuali. Solitamente una mappa è l’ultimo atto relativo all’elaborazione di un testo e al suo studio, dovrebbe essere così, invece succede abbastanza di frequente cheil testo venga utilizzato poco e si insegni a studiare direttamente sulla mappa, semplificando e scarnificando di fatto i concetti e addirittura impedendo ai ragazzi di imparare ad approcciare un testo complesso. O di provare perlomeno a farlo… Come si impara il lessico? Come si imparano i termini difficili? C’è una povertà lessicale paurosa: cosa rimane a uno studente che apprende solamente qualche concetto fondamentale? Cosa impara attraverso pezzi di parole “chiave”  buttate su un foglio, ripetute a pappagallo, dove il contenuto connesso a quella parola chiave praticamente non esiste e quindi anche la possibilità di imparare a parlare si riduce? Perché a parlare si apprende parlando, non c’è nulla di automatico. E si impara anche a scrivere, si impara il lessico. Di conseguenza si impara anche a comprendere un testo.

mappePoi esistono le mappe già fatte, “spacciate” liberamente, su quel luogo fantastico che è il web (e lo è davvero se usato in modo sensato), da docenti, da madri ansiose che addirittura diventano le mappatrici dei propri figlioli (e pure degli altri) fino a tarda età. Quando vedo madri che mappano la lezione di storia al figliolo o figliola che sia, in quarta superiore, un po’ di sana irritazione mi viene eccome… Sono mappe che non funzionano perché non vengono costruite da chi le usa, ma sono costruite da altri secondo il loro modello mentale di rappresentazione delle informazioni. Funzionano se il docente si accontenta di quelle poche cose che contengono, concetti scarnificati all’osso. E la moda si estende e ci si mettono anche le maestre dei più piccoli a costruire mappe per i propri bambini, mappe fatte di parole  “adulte”, che i piccoli ripetono a pappagallo, ma che funzionerebbero molto meglio e porterebbero a un’elaborazione più profonda se si utilizzasse qualcosa che ai bambini viene bene: la fantasia e l’immagine mentale, che è immediata e potente.

le mappe concettuali non funzionano con tutti

Ultimo punto, non meno importante, è che le mappe concettuali non funzionano con tutti, ancora meno coi bambini con difficoltà spaziali, quindi vanno sempre provate. Le alternative esistono: gli schemi a scaletta o la narrazione.

Stanca di questo proliferare di mappe date un po’ a caso ho pensato fosse venuto il momento di costruire un progettomappe apposito da portare avanti coi miei bambini. E sono partita dall’idea che per i bambini della primaria non ci sia niente di meglio che la fantasia, l’immagine mentale e il disegno. Col disegno posso sviluppare altri prerequisiti come il gesto grafico, la motricità e la spazialità. Per evitare di scarnificare i contenuti e il lessico per prima cosa utilizzo sempre il testo integrale insieme ai miei bambini. Partiamo dall’anticipazione attraverso titoli e sottotitoli e relative immagini, procediamo con la lettura, che è sempre una lettura condivisa. E su questo aggiungo che in questo modo entra anche un altro aspetto fondamentale per l’apprendimento che è la relazione. Leggiamo un po’ per uno e cerchiamo le parti fondamentali che vanno sapute e ripetute ad alta voce. Lo facciamo sempre. L’ascolto di sé fissa in memoria e permette di imparare poco a poco ad esprimersi.

Quando affrontiamo un testo c’è sempre la riflessione su eventuali termini difficili e non conosciuti. Il lessico diventa protagonista, come dovrebbe essere sempre. A volte mettiamo in scena ciò che abbiamo imparato, proprio come se fossimo su un palcoscenico in teatro a recitare una parte, e tutto questo assume l’idea del gioco e dell’apprendimento divertente, il corpo e il movimento possono essere facilitatori di “ messa in memoria” delle informazioni. Si chiama memoria cinestetica.

mappeL’ultimo passo è la costruzione della mappa, attraverso parole “chiave” e disegni. Estrapoliamo delle parole da quello che abbiamo studiato e dopo averlo scritto sul foglio chiedo ai bambini di pensare a un ‘immagine mentale che li aiuti a ricordare facilmente quel concetto: ogni bambino ha la sua e il suo modo personale di collegare un concetto a un’immagine. I bambini, in questo modo, sono più presenti nello studio e nell’elaborazione mentale delle informazioni, non quelle passate per “ infusione esterna” da un adulto, ma sono i propri pensieri rielaborati e trasformati in immagine mentale: con questo processorimangono fissati in memoria in modo più efficace rispetto all’aver aver solo letto e ripetuto in modo passivo.

Fateli disegnare questi bambini, e invece di costruirgliele già fatte, abbandonate la velocità, educateli a ragionare sulle proprie informazioni e sul come è meglio fare per ricordarle bene. Date loro strumenti per migliorare da dentro, fate conoscere i loro talenti e scoprire le loro personali strategie. E fateli parlare! Domandine e concetti scarnificati non li aiutano per nulla a dare il massimo di quello che sono.

Michela Vandelli è esperta nei processi d’apprendimento iscritta all’albo dei professionisti formati da Erickson, Tutor, Aiuto compiti, esperta di strumenti informatici per ragazzi con difficoltà scolastiche

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